I temi delle rinnovabili e della transizione energetica, certamente in Occidente, stanno valorizzando un particolare modello economico finanziario, a fronte dei pochi rischi assunti dai capitali privati. La necessità che i fondi pubblici costituiscano coperture e garanzie ai prestiti, in effetti, sta rappresentando sempre di più il paradigma di riferimento all’interno del rinnovato capitalismo finanziario ‘verde’.
Rischi finanziari ‘verdi’
Oltre le apparenze e i simboli, tra le regolarità della transizione energetica si è affermata quella dei capitali privati in genere restii ad investire direttamente nelle rinnovabili. Se non altro, nella misura in cui i rischi d’impresa non siano adeguatamente coperti attraverso denaro o strumenti finanziari pubblici.
Le istituzioni pubbliche – siano queste statali, regionali e sovranazionali – si sono legittimate in virtù del loro ruolo di garanti. Un modello che, per esempio, nell’Unione Europea si è strutturato intorno al programma InvestEU e alla Banca europea per gli investimenti (BEI).
Le coperture ‘istituzionali’ si traducono – in proiezione – nella possibilità che le perdite e i rischi siano allora coperti dai contribuenti. La stessa logica si ripropone in confronto alle esternalità negative del mercato, a loro volta limitate proprio grazie all’intervento pubblico.
I profitti, però, spesso hanno trovato valore in dividendi e non reinvestiti. Tutto il contrario di ciò che potrebbe avvenire in funzione della stessa cittadinanza. La quale, non di rado, è stata costretta a subire i disagi del cambiamento in atto.
Nuove logiche economiche
Non è soltanto il tema della transizione in sé. In effetti, le fonti rinnovabili – si pensi al solare o all’eolico – sono ancora soggette alla pluralità delle variabili climatiche, ambientali. Senza considerare (proprio per il fotovoltaico) il rapporto con le alle ore effettive di luce. Di qui, la necessità di batterie e dispositivi di stoccaggio – anche questi comunque particolarmente energivori – da associare con l’Intelligenza Artificiale in un ottica di gestione dell’energia.
La creazione di nuovi rapporti di dipendenza insiti nel sistema economico internazionale poi, come nell’estrazione e nella lavorazione delle c. d. terre rare hanno comportato un altro rischio. Ossia quello che si ripetano le logiche dei mercati del fossile. Una previsione concreta, sebbene al cospetto di diversi e innovativi indicatori e moltiplicatori geoeconomici di potere.
Si è affermato anche un terzo ambito di riflessione, per quanto molto più discrezionale. In particolare, le procedure burocratico-amministrative deputate a programmare, sostenere e coordinare gli investimenti ‘verdi’.
Il contesto internazionale
Sullo sfondo, inoltre si trova ovviamente il contesto internazionale. I conflitti e l’instabilità del momento, infatti, non rendono certamente ‘facile’ programmare e investire.
A maggior ragione – sempre con riferimento all’Occidente – le spese militari torneranno ad essere una priorità, con la necessità di allocare risorse in altri settori più dirimenti. Priorità, però, che a questo punto avrebbe definitivamente ridimensionato il tema dell’ambiente e della sostenibilità.
Novità di sorta, in tale ottica, non sembrerebbero esserci, fin tanto che il sostegno pubblico sarà imprescinbile nella quasi totalità dei comparti legati alle nuove fonti di energia.