La Russia starebbe valutando eventuali tagli delle esportazioni di uranio, mentre sui mercati i titoli collegati alla materia sono cresciuti tra il 5% e il 7%.
Oltre le sanzioni
Nonostante le sanzioni occidentali, alcuni comparti dell’economia della Russia, come quello dell’uranio, stanno conoscendo una buona prosperità.
In effetti, sui mercati finanziari globali, i titoli di settore, tra cui Cameco (CCJ), Uranium Energy Corporation (UEC), URA e URNM, hanno avuto un rialzo compreso tra il 5% e il 7%. Tra le possibile spiegazioni, il fatto che uno dei suoi principali utilizzi sia nella produzione degli aerei, sia civili che militari.
Lo scorso Marzo, in effetti, il Washington Post aveva scritto come in questo particolare campo delle relazioni commerciali, “l’Occidente continuasse a dipendere dalla Russia“. Non è un caso se, tra le varie contromisure, a Mosca abbiano vagliato un taglio graduale dell’export dell’uranio, come pure del nichel e del titanio.
Timori interconnessi
Con la seconda fase della guerra in Ucraina, dal 2022 la Federazione russa ha dovuto ricostruire la sua economia. Si è valorizzato – a partire dai rinsaldati legami con la Cina – il proprio status di Paese rentiero. Contestualmente, il Cremlino ha aumentato le spese militari (+ 70% soltanto quest’anno).
Nell’incertezza del conflitto russo-ucraino e in attesa delle elezioni americane, il tema dell’uranio ha continuato ad essere massimamente dirimente, come ha sottolineato la testata Kommersant.
Del resto, già in Febbraio, la compagnia nazionale del Kazakistan Kazatomprom, principale produttrice globale del metallo, ha espresso i suoi timori. Sebbene il blocco completo dell’export, invero, resti l’ipotesi più remota, l’azienda kazaka ha infatti annunciato il taglio delle sue attività, in previsione del 2025. A compendio di questa politica, ha ‘denunciato’ i crescenti problemi della catena di approvvigionamento.
Le conseguenze, soprattutto in mancanza di valide alternative, sarebbero estremamente complicate. Un eventuale domino e le sue ripercussioni, darebbero vita ad ‘incastri’ di difficile soluzione, dai netti riflessi, ovviamente, sull’economia mondiale.