La spesa in fonti rinnovabili aumenterà del 78% entro otto anni, sostenuta dall’Inflation reduction act, che però sta creando attrito crescente con l’Unione europea, che teme uno svantaggio consistente soprattutto per la sua industria automobilistica, con il rischio di un indebolimento della concorrenza e un aumento dei prezzi.
Gli USA ci credono, pioggia di investimenti sulle rinnovabili
L’Inflation reduction act o Ira, al netto del confronto in corso con l’Unione europea, ha dato sicuramente un forte slancio al percorso americano di decarbonizzazione. Secondo stime Wood Mackenzie, entro il 2031 gli investimenti in fonti energetiche rinnovabili raggiungeranno i 114 miliardi di dollari.
Una spesa quasi doppia (+78%) rispetto a quella attuale, che nel 2021 ha raggiunto i 64 miliardi di dollari.
Sarà proprio l’Ira ad avere un impatto molto positivo sull’espansione della capacità di produzione di soluzioni per le rinnovabili negli Stati Uniti, a partire da quest’anno e soprattutto per il futuro prossimo. Gli Stati Uniti cercano un vantaggio competitivo concreto.
“L’effetto principale sarà sulla catena di approvvigionamento, che sarà progressivamente modellata sul mercato interno, con la riapertura di vecchie strutture produttive e la riconversione di altre, con l’obiettivo di dar vita così a catene di forniture tutte interne al Paese, anche costruendole da zero”, ha spiegato Daniel Liu, responsabile Asset commercial performance di Wood Mackenzie.
Effetto Ira e protezionismo economico
Siamo quindi alla politica nazionale trainata dal “made in America” (se non quella trumpiana di “Make America Great Again” o del ritorno vero e proprio del protezionismo economico) come soluzione per affrontare inflazione, paure di recessione e tensioni geopolitiche crescenti con Mosca e Pechino.
L’Ira prevede crediti d’imposta sostanziosi per la produzione nazionale di componentistica e attrezzature chiave per gli impianti a fonti rinnovabili e gli incentivi per l’acquisto di questi prodotti solo ed esclusivamente se “made in America”.
Per poter accedere alle misure bisogna dimostrare che si impiegano apparecchiature di fabbricazione americana almeno per il 40% nei progetti di impianti di rinnovabili e del 20% per quelli eolici offshore che saranno installati prima del 2025.
L’asticella salirà al 55% a partire dal 2027 per il mercato eolico offshore, è specificato nel documento.
Incentivi alle rinnovabili per accelerare sulla transizione ecologica e la decarbonizzazioe
Ovviamente stiamo parlando proprio di quel pacchetto di misure straordinario varato dal Governo Biden per sostenere l’industria green nazionale e accelerare sulla decarbonizzazione del Paese, su cui l’Unione europea avrebbe molte cose da ridire, in termini di rispetto dei principi di libera concorrenza e di giusti aiuti di Stato.
“La posta in gioco è alta per le vendite di apparecchiature negli Stati Uniti, poiché l’Ira fornisce incentivi che riducono il costo di produzione di pannelli solari, di sistemi di stoccaggio e di torri eoliche dal 4% al 30%”, ha affermato Liu.
Questo, insieme alle tariffe su alcune importazioni, pone potenzialmente la produzione nazionale su una base competitiva più elevata in termini di costi rispetto alle apparecchiature importate, ad esempio dall’Europa.
La legge statunitense sulla riduzione dell’inflazione dell’agosto scorso prevede forti incentivi finanziari a sostegno della transizione verde. Nel caso dei veicoli puliti, si tratta di un credito d’imposta per gli operatori commerciali e per i consumatori privati.
Le diverse disposizioni sul credito d’imposta al consumo prevedono anche prescrizioni sulla provenienza locale dei pezzi, sulla produzione o sull’assemblaggio, che per la Ue costituiscono una discriminazione contro i produttori automobilistici continentali, con il rischio di un indebolimento della concorrenza e di aumento dei prezzi.
Scontro Ue-Usa per la libera concorrenza
Come riportato da Radiocor Sole 24 Ore, secondo Valdis Dombrovskis, vice-presidente della Commissione europea e commissario al Commercio, a questo punto “c’è bisogno di fare ulteriori progressi nei negoziati altrimenti ci troveremo di fronte a richieste ancora più forti di risposta da parte della Ue”. Ue che, secondo il politico lettone, “vuole evitare di seguire la strada dei sussidi o dei crediti d’imposta discriminatori”.
Il responsabile del commercio europeo si riferisce alle richieste da parte di alcuni Stati membri che stanno premendo per una risposta molto dura verso gli stati Uniti. Come ad esempio da parte della Francia.
In ogni caso il lavoro della task force Ue-Usa, istituita per negoziare appunto le questioni legate all’Inflation Reduction Act, continua.
Proprio oggi a Davos, per l’edizione 2023 del World Economic Forum, a proposito dell’Inflation reduction act degli USA, il commissario ha ammesso che “c’è il rischio di una frammentazione del mercato” e che quindi occorre “sostenere e difendere un sistema multilaterale basato su regole precise e rispettate”.
Soprattutto, ha affermato Dombrovskis, secondo quanto riportato da Teleborsa, occorre rispondere ai sussidi americani “in una cornice europea equilibrata dal punto di vista della concorrenza in modo da utilizzare al meglio i fondi esistenti, ricalibrando temporaneamente le regole sugli aiuti di stato e non eliminandol”.