La Goldman Sachs si è interrogata, analizzandolo, sull’impatto dei nuovi dazi dell’Amministrazione Trump rispetto prezzi del fossile. Le prospettive, comunque, sarebbero quelle di un cambiamento invero non troppo notevole.
Tariffe e prezzi
I (nuovi) dazi dell’Amministrazione Trump – in vigore dal prossimo 4 Febbraio – avranno un impatto sul comparto del fossile, la cui portata è stata oggetto di valutazione da parte di Goldman Sachs. Le ‘barriere economiche all’ingresso’ sulle importazioni da Canada, Messico e Cina hanno in effetti destato non poche preoccupazioni.
Del resto, la forte posizione degli USA in questi mercati ne ha legittimato l’impegno verso i principali attori nazionali. Tale postura si è tradotta in un atteggiamento di maggiore chiusura, in linea con i proclami della campagna elettorale.
Le misure comprenderanno un prelievo del 25% sulla maggior parte dei beni provenienti da Messico e Canada. Inoltre, ci sarà un dazio del 10% sulle importazioni di energia canadesi e uno del 10% du quelle cinesi.
I termini dell’analisi
Ieri, tuttavia, secondo quanto ha riportato anche la Reuters, si è ridimensionata una parte importante degli scenari e delle prospettive degli ultimi giorni. Le risposte sarebbero infatti di dimensioni assai minori, se confrontate con le ipotesi iniziali.
Secondo la nota banca d’affari, la questione sarebbe riassumibile nell’ordine di “un impatto limitato a breve termine sui prezzi globali del petrolio e del gas“. E ancora: “Il potenziale calo delle importazioni di gas naturale dal Canada, per via delle barriere commerciali, è troppo limitato per far aumentare in modo significativo i prezzi del gas naturale statunitense”.
Tali affermazioni sembrerebbero andare in controtendenza. Il rialzo dei prezzi del petrolio e del gas, dopo le recenti imposizioni di Donald Trump semberebbe destinato ad un relativo ed ennesimo calo.
Le nuove quote di mercato
Per la Goldman Sachs, le importazioni di petrolio via mare dal Canada e dal Messico saranno dirottate verso altri mercati. Gli Stati Uniti sostituiranno queste forniture con greggio proveniente dall’OPEC, dall’America Latina e prodotti raffinati dall’Europa.
Invariate, anche le previsioni sui prezzi del petrolio per il periodo 2025/2026. Si è infatti delineato un impatto minimo sui prezzi a breve termine. Questo, grazie alla stabilità della produzione e della domanda di petrolio a livello globale, nonché alla tariffa sul petrolio canadese già prezzata.
A fronte di uno scenario dalle direttrici comunque marcate, le conseguenze non sarebbero lo stesso da ridimensionare. Una crescente tensione tra i Paesi in questione, anche se ‘solo diplomatica’ si porrebbe lo stesso come un ostacolo alla libertà dei commerci. Da qui, a loro volta, gli stessi investitori potrebbero rinverdire le loro perplessità, con effetti che arriverebbero fino ai consumatori di base.