Negli ultimi anni, le banche europee hanno rallentato gli investimenti destinati alle industrie di petrolio, gas e carbone, lasciando sempre maggiori spazi, in qualità di finanziatori, agli istituti di credito nordamericani.
Si rimodulano gli assetti della finanza energetica
La transizione energetica sta ridisegnando la scacchiera globale degli investimenti, con una rimodulazione dei soggetti finanziatori. Nello specifico, le banche europee hanno ridotto il loro impegno nel settore delle fonti fossili.
Diminuendo la concorrenza, alcuni istituti di credito del Canada e degli Stati Uniti hanno ottenuto nuove quote di mercato. Tante realtà – anche regionali – stanno scalando rapidamente ‘le gerarchie’.
D’altra parte, secondo Bloomberg, ad emergere per il maggior numero dei ‘tagli’ sono state le transalpine BNP Paribas, Natixis e Societe Generale, la spagnola BBVA e l’olandese ING Groep.
Il ruolo delle banche regionali
Dal 2022 – con particolare riferimento al fossile – oltreoceano si è strutturato un doppio livello operativo. Da un lato, infatti – citando ancora Bloomberg – Wells Fargo & Company, JPMorgan Chase & Company e Bank of America Corporation hanno continuato lautamente a finanziare la produzione delle ‘classiche’ fonti di energia.
Al loro fianco, però, c’è stato il deciso passo in avanti di un microcosmo che ha cesellato uno scenario dagli elevati margini di profitto. Protagonisti, Texas Capital Bank, Truist Securities Inc, FHN Financial, Cadence Bank, BOK Financial Corporation e Canadian Western Bank. Tutti questi gruppi hanno maggiorato l’apertura di linee di credito, rispetto al periodo 2016-2021.
L’accresciuto impegno dei sei istituti si è tradotto nell’aumento, di oltre il 70% (dati OilPrice.com), dei prestiti combinati all’industria dei combustibili fossili. E’ in quest’ambito, dunque, che dalla fine del 2021 hanno migliorato la loro posizione, fino a collocarsi tra i primi cinquanta finanziatori globali, in base al numero di transazioni su petrolio, gas e carbone.
Il ‘laboratorio’ del Texas
A ben guardare, c’è poi chi ha provato a conciliare i due rami d’investimento. Il Texas, per esempio – tra i principali produttori di petrolio – è contestualmente al centro di un progetto molto ambizioso.
Proprio qui, infatti, l’Abu Dhabi National Oil Company (ADNOC; l’agenzia statale petrolifera degli Emirati Arabi Uniti) acquisirà dal gruppo ExxonMobil il 35% del progetto Baytown, presso Houston. Il fulcro dell’iniziativa sarà la costruzione di un grande impianto che produrrà idrogeno e ammoniaca low-carbon (quindi ‘blu’).
Dall’Ovest degli Stati Uniti, partirà un altro grande confronto, in attesa di capire se e come cambieranno i piani dell’Europa.