Il tema della finanza climatica, per i finanziamenti per l’ambiente, è stato il grande nodo della Cop29, legittimando critiche e polemiche, non solo tra gli Stati.
La difficoltà dell’intesa
La Cop29 di Baku non ha certo ridotto le divisioni degli Stati, che anzi hanno trovato un ennesimo nodo intorno al tema della finanza climatica. D’altronde, l’impegno dei singoli Paesi e la centralità di un impegno collettivo sono due variabili che non sembrano andare di pari passo. L’obiettivo resta quello del limite di 1,5°C, favorendo nel contempo una crescita economica sostenibile nel prossimo decennio.
Tutto questo non ha fatto altro che allontanare un’intesa realmente partecipata, a riprova degli interessi contrapposti tra il Nord e il Sud globale. La sintesi e i compromessi – a patto che vi si arrivi – dovrebbero portare al testo del New Collective Quantified Goal on Climate Finance (Ncqg). Tuttavia, la qualità del documento si prospetta molto al di sotto delle aspettative, come pure delle necessità.
Nella bozza di accordo che è stata diffusa nella Cop29 di Baku si è definito un impegno dei c.d. Paesi sviluppati da 250 mld di Dollari all’anno, entro il 2035. Da parte loro, gli Stati ‘poveri’ avevano stimato una necessità pari a 1.300 mld di Dollari all’anno.
La quota dei 1.300 mld di Dollari all’anno – sempre entro il 2035 – dovrebbe essere raggiunta, ma attraverso un complesso incastro con l’inserimento di molte altre forme di contributi. Un sistema che rischia di allungare i tempi delle sfide. Questa complessità, di marca chiaramente ‘politica’ ha legittimato aspre polemiche.
Mediare tra le criticità
Le voci critiche – in tutte le direzioni – non sono per l’appunto mancate, nonostante il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, abbia cercato una mediazione. Almeno a parole. Guterres ha infatti dichiarato: “I finanziamenti destinati al clima non sono un sussidio. Sono un investimento contro la devastazione che il caos climatico incontrollato infliggerà a tutti noi“.
Tra le posizioni più dure, è emersa quella del WWF, priva di perifrasi. “Il nuovo testo sui finanziamenti per il clima è completamente inadeguato“, ha sottolineato la responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, Mariagrazia Midulla.
Nessun giro di parole per Mohamed Adow, direttore e fondatore di Power shift Africa, centro studi che fornisce analisi, oltre ad essere un foro di dibattito politico. Questo il commento di Adow sul tema: “Le nostre aspettative erano basse, ma questa è una sberla in faccia. Nessun Paese in via di sviluppo cadrà in questo gioco. Hanno irritato e offeso il Gruppo di questi Paesi“.
La visione dell’Italia
Dal punto di vista dell’esecutivo italiano, la posizione assunta e valorizzata è stata che a Baku si pongano le basi per una riforma complessiva della finanza climatica. Una riforma che la renda più efficiente, ma che soprattutto coinvolga tutti gli attori, nella loro pluralità. Non soltanto i Paesi, ma anche e soprattutto il settore privato, gli enti filantropici e le banche multilaterali di sviluppo.
Si è preferito non alzare i toni e non sollevare particolari criticità, ribadendo una visione ormai nota. Per quanto riguarda il ‘Sistema Paese’ Italia, la politica ambientale ha previsto diverse direttrici, declinate a seconda delle opportunità di cooperazione e degli interessi contingenti.
Non è un caso, in effetti, se il tema del supporto agli Stati più vulnerabili abbia offerto l’occasione per ribadire l’importanza del Piano Mattei.
A margine dell’incontro, Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dell’Italia (MASE), Gilberto Pichetto Fratin ha illustrato l’approccio onnicomprensivo, sulla materia, dell’Italia. In questi termini: “Il nostro modo di agire tiene conto delle priorità sia di chi chiede più risorse finanziarie sia di chi chiede più mitigazione“.
Successivamente, il Ministro ha aggiunto: “Il perseguimento della decarbonizzazione e la crescita dei più vulnerabili sono entrambi alla base dell’implementazione e dei progetti del Piano Mattei per l’Africa. In pratica si tratterà di agire mediante collaborazioni pubblico-privato e partenariati paritari e non predatori“.