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Cop29, il documento finale: $300 mld all’anno e una roadmap fino a Belém

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Alla Cop29 di Baku, dopo due settimane di intensi negoziati, si è giunti finalmente ad un accordo. La trattativa serrata ha portato a un risultato ben lontano da quello inizialmente auspicato dalle economie emergenti del G77 (1300 miliardi l’anno dal 2025), motivo per cui è stato definito da molti alquanto insoddisfacente.

Il documento finale

L’obiettivo approvato coralmente durante la notte del 23 Novembre potrebbe essere definito “cautamente ambizioso”. La Conferenza delle Parti si è imposta, infatti, di triplicare, entro il 2035, i fondi destinati al clima, passando dagli attuali 100 miliardi di dollari all’anno, stabiliti dall’Accordo di Parigi, a 300 miliardi all’anno. Il documento invita, tuttavia, i Paesi a lavorare per incrementare gli aiuti fino a 1.300 miliardi di dollari l’anno entro il 2035 e fissa una roadmap da Baku alla COP30 di Belém, in Brasile, che delineerà ulteriori passaggi per raggiungere questo ambizioso traguardo.

Il testo stabilisce anche che i Paesi in via di sviluppo possono partecipare all’erogazione degli aiuti, ma non sono obbligati a contribuire alla quota totale dei 300 miliardi. Tale clausola è stata pensata per soddisfare la Cina, che, pur volendo contribuire, intende farlo senza vincoli obbligatori. Accontentata, in ultimis, anche l’Arabia Saudita, evitando ulteriori impegni di decarbonizzazione rispetto a quanto deciso l’anno scorso alla Cop28 di Dubai. L’Unione Europea ha dovuto cedere su questo, come pure sui diritti umani e delle donne, citati in modo generico. 

Un’altra importante novità è stata, poi, l’approvazione di un mercato internazionale del carbonio, previsto dall’articolo 6 dell’Accordo di Parigi e mai implementato in dieci anni. Il sistema sarà gestito dall’ UNFCCC e consentirà agli Stati di investire in progetti di decarbonizzazione all’estero, favorendo la riduzione globale delle emissioni.

La proposta iniziale

La Conferenza ha visto sin dall’inizio tensioni su numerosi punti dell’agenda climatica e in particolare, sul tema cruciale degli aiuti finanziari per sostenere i Paesi in via di sviluppo nella lotta al cambiamento climatico. Indubbiamente divisiva è risultata la proposta di compromesso presentata dalla presidenza azera a due giorni dalla conclusione di Cop29. Quest’ultima prevedeva un aumento degli aiuti fino a 250 miliardi di dollari l’anno entro il 2035 sotto forma di contributi pubblici e prestiti di Banche multilaterali, cifra immediatamente respinta dai Paesi in via di Sviluppo che, peraltro, chiedevano aiuti a fondo perduto. Il gruppo in questione ha anche minacciato di abbandonare i negoziati, chiedendo un maggiore impegno da parte delle nazioni ricche per contrastare l’impatto climatico devastante sui loro territori.

Il ruolo dell’Italia nei negoziati

Nel negoziato condotto dall’Unione Europea a nome dei 27, l’Italia ha portato la sua strategia per una finanza climatica più efficace che rifletta i nuovi equilibri globali con alcuni obiettivi specifici: allargare la base dei contributori con un ruolo maggiore dei paesi sin qui non considerati donatori; contabilizzare i contributi delle banche multilaterali di sviluppo; incoraggiare le iniziative filantropiche; favorire meccanismi che, partendo dai contributi degli stati, spingano i grandi investitori a finanziare progetti per una decarbonizzazione come motore di sviluppo nei paesi più vulnerabili” ha dichiarato a margine della Conferenza il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Con una semplificazione potremmo dire che abbiamo portato lo spirito del Piano Mattei nel dibattito della COP29. Il significato e la rilevanza del numero finale vanno analizzati rispetto al risultato raggiunto nell’allargare la platea di attori che partecipano a questo processo e soprattutto al modo in cui vi partecipano, utilizzando ad esempio meccanismi di finanziamento pubblico-privato che noi già stiamo sperimentando nei nostri progetti dedicati all’Africa, non solo nel settore climatico, attraverso partenariati paritari e non predatori” ha quindi commentato il Titolare dell’Ambiente, riferendosi all’accordo sottoscritto.

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