Roma, 23/11/2024 Notizie e approfondimenti sui temi dell’Energia in Italia, in Europa e nel mondo.

COP28, i punti deboli dell’accordo di Dubai

Home > Policy > Policy Mondo > COP28, i punti deboli dell’accordo di Dubai

Arriva l’approvazione della bozza di bilancio finale de parte dei 198 delegati alla XXVIII Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Dubai. Capi di Stato entusiasti per quello che è stato definito “un deciso passo in avanti” verso l’abbandono dei combustibili fossili, ma sono diversi i punti critici di questo accordo.

Una bozza finale presentata come un passo in avanti decisivo

Il criticato Presidente della XXVIII Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Dubai, Sultan al-Jaber, ha salutato nel suo discorso l’accordo sulla bozza di testo finale con queste affermazioni: “Per la prima volta in assoluto nella storia delle COP abbiamo scritto combustibili fossili nel testo. Siamo ciò che facciamo non quello che diciamo, quindi sono importanti le azioni che metteremo in campo”.

Una COP28, secondo al-Jabar, che “è stata in grado di produrre per la prima volta una serie di dichiarazioni e impegni globali, ed è stata in grado di raccogliere 85 miliardi di dollari per avviare una nuova era di azione globale per il clima”.

Quindi, nel testo della bozza sul “Bilancio finale” dei negoziati (Global stocktake) si fa esplicito riferimento per la prima volta all’abbandono “graduale, equo e giusto” dei combustibili fossili, con l’aggiunta dell’obiettivo di triplicare le fonti rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.

Diverse le dichiarazioni a livello mondiale.
Per la Presidente della commissione europea, Ursula von der Leyen, si tratta di una svolta storica. Della stessa opinione il nostro Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui: “Sulle fonti fossili abbiamo cercato un punto di caduta più ambizioso, ma nell’intesa c’è un chiaro messaggio di accelerazione verso il loro progressivo abbandono, riconoscendone il ruolo transitorio: abbiamo per la prima volta un linguaggio comune sulla fuoruscita dai combustibili fossili, per le emissioni zero nette al 2050”.

Riguardo al testo, il vicepremier italiano e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha affermato: “Un buon compromesso, alla fine è prevalso il buonsenso“, sottolineando che l’intesa “va verso una giusta direzione“.

Il delegato cinese ha assicurato che il suo Paese “darà un contributo determinante al contrasto dell’estremizzazione del clima”. Il Presidente francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato: “È una novità e un passo avanti nel rispetto degli accordi di Parigi. Acceleriamo”.

Il multilateralismo si è effettivamente riunito e le persone hanno messo via gli interessi individuali e hanno cercato di definire il bene comune”, ha invece detto l’inviato degli Stati Uniti per il clima, John Kerry.

I punti deboli dell’accordo

L’intesa raggiunta a Dubai rappresenta un timido passo avanti, ha sottolineato Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente: “Su cui, però, ora i Paesi devono dimostrare azioni decise, senza più tentennamenti o inspiegabili rinvii, perché il tempo incalza e la crisi climatica avanza ad un ritmo sempre più veloce. Ben venga l’impegno a triplicare le rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica. Ora l’Italia deve fare la sua parte in linea con l’accelerazione che dovrà esserci a livello europeo e ascoltare la scienza. Dal Governo Meloni ci aspettiamo un deciso cambio di passo con la definizione di una road map nazionale per la decarbonizzazione che preveda in primis una revisione ambiziosa del PNIEC per ridurre almeno del 65% le emissioni entro il 2030, mentre la versione attuale ci consente solo il 40%. Altro passo importante per l’Italia dovrà essere la rimodulazione e la cancellazione dei sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030. Il nostro Paese, sino ad oggi, si è dimostrato pro-fossile e poco rinnovabile. Nel 2022, stando al nostro ultimo report diffuso ieri in occasione della prima giornata del XVI Forum QualEnergia, i sussidi ambientalmente dannosi sono stati più che raddoppiati arrivando a quota 94,8 miliardi con i decreti per l’emergenza bollette causata dalle speculazioni sul gas; mentre le rinnovabili sono ferme sulla carta con 1.400 progetti in valutazione al MASE e in ritardo per le mancate semplificazioni. Solo investendo sulle rinnovabili l’Italia potrà colmare l’attuale ritardo e centrare l’obiettivo climatico del 65%, in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili”.

Per Legambiente l’Accordo siglato dalla Cop28 presenta però tre talloni d’Achille legati al ricorso alle tecnologie d’abbattimento di emissioni di anidride carbonica e all’utilizzo di fonti fossili come combustibili di transizione per garantire la sicurezza energetica. È inoltre mancato un serio impegno per la finanza climatica indispensabile per aiutare i paesi più poveri e vulnerabili ad accelerare la fuoriuscita dalle fossili.

Il testo finale rappresenta un miglioramento rispetto all’ultima versione, che era inaccettabile, anche se è ancora molto permeato e influenzato dalle lobby fossili e da quelle delle false soluzioni (nucleare, cattura e stoccaggio del carbonio). Pessima la menzione dei combustibili per la transizione, una transizione che gli interessi del gas tendono a rendere infinita ed enormemente più dispendiosa, proprio perché consistenti fondi tengono in piedi il sistema fossile. Controproducente anche l’inclusione di nucleare e cattura e stoccaggio del carbonio, elencati come tecnologie a zero e a basse emissioni. Il testo finale invita tutti i Paesi a seguire la scienza del clima dell’IPCC e afferma l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, ma le indicazioni della decisione non sono in linea con questo obiettivo. Per un pianeta vivibile abbiamo bisogno della completa eliminazione di tutti i combustibili fossili e della transizione verso un futuro di energia rinnovabile nonché a un sistema votato a risparmiare energia e risorse e a usarle nel modo più efficiente possibile. Nel testo sentiamo ancora gli interessi non solo dei Paesi produttori di idrocarburi, ma soprattutto delle potenti compagnie occidentali, incluse le nostre, che i combustibili fossili li estraggono, gestiscono e vendono, insomma di coloro che cercheranno di farci comprare, a caro prezzo, sino all’ultima goccia di petrolio e molecola di gas naturale. La vera riflessione da fare, al più presto, è capire come rendere molto più influenti coloro che tutelano gli interessi collettivi e di chi non ha voce, dai poveri alla natura”, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia.

In risposta all’esito del vertice mondiale sul clima (COP28), Kaisa Kosonen di Greenpeace International ha dichiarato: “Il segnale che l’industria dei combustibili fossili temeva è arrivato: è tempo di porre fine all’epoca del gas, del petrolio e del carbone. Questo appello è accompagnato dalla richiesta di una massiccia espansione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica da realizzare già nel corso di questo decennio. Tuttavia il messaggio essenziale rischia di essere oscurato da distrazioni pericolose e da mezzi insufficienti per conseguire gli impegni in maniera rapida ed equa.

Nel testo non troverete la parola “eliminazione graduale” che, se attuata in modo sostenibile, è quel che invece servirebbe per una giusta transizione che abbandoni i combustibili fossili, in linea con la scienza e con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C. Ed è ciò che siamo determinati a realizzare, ora più che mai. Il risultato lascia i Paesi più poveri senza le risorse necessarie per realizzare la transizione verso le energie rinnovabili. Affinché i numerosi obiettivi dell’accordo possano essere realizzati, i Paesi ricchi dovranno aumentare significativamente il sostegno finanziario e far pagare chi inquina producendo combustibili fossili. Solo l’anno scorso l’industria dei combustibili fossili ha realizzato profitti per 4 mila miliardi di dollari e deve iniziare a pagare per i danni e per la distruzione che ha causato e continua a causare”.

Giornalista

Articoli correlati