Un’analisi condotta da Confindustria e Deloitte individua le priorità che secondo il B7 dovranno essere affrontate e discusse in occasione dell’evento “G7 Industry Stakeholders Conference”, in programma a Torino, il 28 aprile prossimo, e della riunione Ministeriale G7 su “Energia, ambiente e clima”, in agenda sempre nel capoluogo piemontese il 28, 29 e 30 aprile.
Transizione tra rischi e grandi opportunità
Bisogna delineare al più presto strategie efficaci per affrontare uno dei temi più significativi del nostro tempo: trasformare la transizione ecologica in una grande opportunità di innovazione e sviluppo competitivo.
A tal fine, è fondamentale creare delle sinergie tra pubblico e privato, e stimolare gli investimenti nell’economia circolare, capaci di coniugare tutela ambientale, sicurezza degli approvvigionamenti e competitività.
Ministeriale G7 su “Energia, ambiente e clima”
A tutto questo vanno aggiunti volumi di spesa certamente maggiori rispetto agli attuali, una più forte convergenza delle politiche industriali dei Paesi membri del G7 e individuare nuovi vettori di crescita. Sono queste le priorità che secondo il B7 dovranno essere affrontate e discusse in occasione dell’evento “G7 Industry Stakeholders Conference”, in programma a Torino, il 28 aprile prossimo, e della riunione Ministeriale G7 su “Energia, ambiente e clima”, in agenda sempre nel capoluogo piemontese il 28, 29 e 30 aprile.
Tra i primi “engagement groups” istituiti in seno al G7, il “B7 Italy 2024: Leading the Transitions Together”, la cui organizzazione è affidata a Confindustria, ha il compito di identificare ed indirizzare le priorità dell’agenda economica globale.
Più rinnovabili e tecnologie green, ma siamo lontani dagli obiettivi 2050
A seguito della COP28 di Dubai, l’attenzione si è concentrata sull’accelerazione dello sviluppo di tecnologie a zero e a basse emissioni ed è stato fissato l’impegno di aumentare la capacità mondiale di energia rinnovabile, fino ad almeno 11.000 GW, e di migliorare il tasso annuo d’incremento dell’efficienza energetica dal 2% al 4% entro il 2030.
Al contempo, 22 Paesi si sono impegnati a triplicare la capacità di produzione di energia nucleare entro il 2050 ed è stato riconosciuto il ruolo delle tecnologie a basse emissioni, insieme ai combustibili di transizione come il gas naturale.
Il problema, andando oltre gli intenti e le dichiarazioni, è che troppo poco si è visto ed è stato fatto, rispetto agli obiettivi che i Paesi si sono voluti dare da qui a pochi anni.
B7-G7, tutelare produttività e competitività
Non solo, le preoccupazioni dei Paesi del G7-B7 sono più legate ai livelli di produttività e competitività che potrebbero essere messi a repentaglio dalla difficoltà delle sfide, dagli scenari geopolitici sempre più tesi e critici, dai conflitti in corso e dalle ripercussioni che tutti questi fattori hanno e avranno sulle catene di approvvigionamento di diverse materie prime strategiche, tra qui quelle energetiche.
Nel documento di analisi diffuso Confindustria e Deloitte, si individuano diversi svantaggi competitivi, tra cui l’elevato costo delle emissioni di gas serra nel G7 rispetto ai Paesi che non hanno ancora adottato efficaci politiche di sostenibilità, “con il prezzo Europeo delle quote di emissione di gas serra nel 2023 pari a 90,26 $/tCO2e, dieci volte superiore al prezzo cinese”.
I costi elevati dell’energia elettrica costituiscono un ulteriore onere, “in particolare per le aziende e i consumatori Europei che sostengono prezzi tra i più alti a livello internazionale, doppi rispetto al mercato cinese”.
Supply chain a rischio
C’è poi l’obsolescenza anticipata delle infrastrutture dedicate alle fonti fossili, sostenuto in maniera più rilevante dai Paesi caratterizzati da una transizione energetica più veloce e valutato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) in 4 mila miliardi di dollari.
Altro fattore critico sottolineato nel documento è il rischio legato al crescente controllo cinese delle supply chain coinvolte nella transizione energetica, con quote che vanno da circa l’80% per il fotovoltaico al 65% per le batterie, con la prospettiva di passare dalla dipendenza storica del nostro sistema energetico dai combustibili fossili a quella per l’approvvigionamento delle tecnologie verdi.
Tra il 2024 ed il 2030 necessario aumentare la spesa in energia pulita del 138%
Tutto questo si traduce secondo gli analisti in una richiesta di spesa che dovrà aumentare sensibilmente fin da quest’anno. Raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050 richiede infatti un aumento fino a 4,3 trilioni di dollari di investimenti annuali in energia pulita entro il 2030, rispetto al tasso attuale di 1,8 mila miliardi di dollari.
L’incremento calcolato è del +138% tra il 2024 e la fine del decennio. Con il passare degli anni, poi, la spesa rimarrà sempre molto alta, ma tendenzialmente stabile: 4,8 trilioni di dollari entro il 2040 e 4,7 trilioni entro il 2050, secondo l’IEA (World Energy Outlook 2023).
Solo in questo modo si riuscirà a far decrescere con decisione le emissioni globali annue dalle attuali 40 giga tonnellate di CO2 alle 10 stimate tra il 2035 ed il 2040, fino alle auspicabili “zero emissioni” entro il 2050.
Nuove regole per mitigare gli impatti della transizione
Ai Governi, in sostanza, è chiesto di promuovere “regole di mercato chiare per mitigare gli impatti economici della transizione”, di favorire “un assetto energetico globale resiliente e diversificato”, di incoraggiare la transizione e “ridurre la vulnerabilità dei mercati”.
Lo sviluppo che ne deriverebbe, si legge nel documento, oltre a mitigare i rischi e i costi della transizione, “consentirebbe di coglierne a pieno i vantaggi in termini di indipendenza e resilienza energetica, di benefici ambientali e di creazione di ricchezza e di nuovi posti di lavoro“.