Siamo in piena estate, una delle più calde degli ultimi decenni. La scarsità d’acqua si fa sentire in molte regioni e secondo l’Anbi in Sicilia e Puglia in particolare si dovrà presto scegliere se dirottare l’acqua in casa o nelle aziende agricole. Di fatto, l’intero comparto agricolo del Centro e del Sud del Paese è a un passo dall’emergenza idrica più severa (fino a maggio il vero nemico era individuato nel fotovoltaico che minacciava la produzione agricola). Il report che mette paura. L’inefficacia delle misure prese dal Governo.
I dati spaventosi del Report Anbi
Il servizio per i cambiamenti climatici della rete europea di osservazione della Terra Copernicus ha decretato il 21 luglio 2024 come il giorno più caldo del pianeta Terra mai registrato dal 1940 ad oggi.
Si è raggiunta una temperatura media di 17,09°C, un valore superiore di 0,84°C rispetto alla media trentennale 1991-2020 e ci sono ancora diversi mesi sensibili dal punto di vista delle temperature che potrebbero peggiorare questo triste record climatico.
Senza contare che sono ormai più di 13 mesi consecutivi che le temperature medie registrate in tutto il pianeta stanno costantemente aumentando.
Il caldo, spesso, si accompagna alla siccità e nei casi più gradi a processi di desertificazione. L’Italia, purtroppo, da alcuni anni sta vivendo un lungo periodo di siccità, che a fasi alterne colpisce il Nord ed il Sud, mentre altre regioni vedono permanere uno stato climatico che potremmo definire semi-siccitoso.
Sta do al nuovo Report dell’Osservatorio sulle Risorse Idriche dell’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione e Tutela del Territorio e Acque Irrigue), la situazione è particolarmente grave in Sicilia, Puglia, Calabria, Basilicata.
La siccità in Puglia
C’è un’immagine che più di altre sintetizza la mancanza di acqua in queste regioni: la più eclatante della settimana è quella dell’invaso di Occhito, un bacino da 250 milioni di metri cubi d’ acqua, posto tra le regioni Molise e Puglia, a servizio dell’agricoltura del Tavoliere (noto come “il granaio d’Italia”) e, al contempo, fonte preziosa di risorsa destinata all’uso potabile, immessa nell’Acquedotto Pugliese.
“In soli 8 giorni ha visto ridursi i propri volumi di oltre 15 milioni di metri cubi; la diga sul fiume Fortore ne trattiene adesso solo 77 milioni circa e, d’ora in poi, l’acqua dell’invaso servirà quasi esclusivamente per l’uso potabile, facendo prevedere che, per la metà di agosto, la Capitanata non avrà più risorsa per irrigare i campi. In totale negli invasi foggiani restano meno di 94 milioni di metri cubi d’acqua (in una settimana si sono svuotati di ulteriori 16 milioni) ed a preoccupare grandemente è la possibilità che, come avvenuto negli scorsi anni, il periodo secco si prolunghi fino agli inizi di novembre per poi essere interrotto dall’irrompere di eventi meteorologici estremi (in questi giorni nubifragi e trombe d’aria hanno già investito alcune località del Barese e del Tarantino)”, si legge sul sito dell’Anbi.
La mancanza d’acqua in Sicilia
In Sicilia, a fine giugno, le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state mediamente mm. 414, cioè un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002. Su larga parte della Sicilia Orientale il deficit pluviometrico supera il 60% su base annua (-mm. 300 ca.). Gli invasi regionali trattengono circa 267 milioni di metri cubi d’acqua (38,21% del volume di riempimento autorizzato e 42% in meno sulla media del periodo nello scorso quindicennio), di cui solamente mln.mc. 122 ca. sono però realmente utilizzabili (al netto dei volumi utili alla fauna ittica, dell’interrimento e del cosiddetto “volume morto”). Sull’isola, 6 bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri 6 hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e 4 meno di due milioni.
Dati dell’Associazione davvero spaventosi, che si ritrovano anche se più mitigati anche in altre regioni, come l’Abbruzzo, il Molise, il Lazio, la Sardegna, la Campania, l’Umbria e la Toscana. Va meglio il Nord Italia, ma a livello territoriale non si contano le tante criticità idriche che ormai, nonostante le piogge, si continuano a registrare in questa estate 2024.
Dall’inizio di questa settimana, a Palermo è scattato il piano di razionamento dell’acqua. È una misura ancora poco invasiva per il capoluogo siciliano se si considera il destino toccato a popolazioni vicine: alcune zone della regione sono rimaste senza acqua corrente per un mese e mezzo. Per Agrigento e Caltanissetta, le province più colpite, è un via vai di autobotti, per riempire le cisterne presenti sui balconi in tutte le case.
Il Governo in ritardo nell’affrontare la crisi idrica e la siccità
In causa è certamente chiamato il ministro dei Trasporti e vicepremier, Matteo Salvini, che, in un’interrogazione alla Camera sulle misure prese per il contrasto alla siccità, in particolare in Sicilia, ha detto: “Ci sono sia la cabina di regia che il tavolo tecnico e i finanziamenti finalmente dopo anni di attesa. Rappresenta un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare criticità emerse ed evidenti”.
Secondo quanto riportato in un articolo di Annalisa Cangemi su fanpage.it, Salvini avrebbe ricordato uno stralcio di programmazione finanziato con circa 950 milioni di euro di risorse direttamente del mio ministero. Una quota importante per la Sicilia – per circa il 10% dello stralcio – riguarderà 7 interventi per 92 milioni di euro su un totale di 75 opere idriche finanziate in tutta Italia.
“Lei oggi rompe il silenzio per dirci cosa? Cabina di regia? Tavolo tecnico? Da febbraio avete aspettato il 7 giugno La Regione non ha fatto nulla, cosa aspettavate? La pioggia? La pioggia non è arrivata. Tralascio le gravi responsabilità del passato, sui mancati investimenti, sul 50% di dispersione idrica nella rete Ha visto le foto? Ora il tema è mettere in sicurezza intere comunità. Ma ha visto le foto ministro? Gli invasi, i laghi che si sono prosciugati”, ha risposto il Partito democratico, con il deputato dem Provenzano, in replica alle dichiarazioni del ministro.
Fino a maggio il nemico dell’agricoltura italiana era il fotovoltaico, oggi si scopre che il vero problema è l’acqua
A maggio, la battaglia finale del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, era tutta sul decreto agricoltura, che metteva all’angolo gli impianti solari fotovoltaici installati su terreni agricoli (agrivoltaico).
Bisognava difendere e tutelare il comparto agricolo dall’invasione dei pannelli fotovoltaici, con la sovranità alimentare messa a rischio, addirittura sollevando il problema della scelta tra il cibo a tavola o l’energia.
Un intervento legislativo chiesto da tempo a gran voce da Coldiretti e sostenuto con convinzione dal ministro Lollobrigida.
Eppure si sapeva bene che il vero problema della produzione agricola in Italia era ed è la mancanza di acqua, la siccità, l’inefficienza dell’infrastruttura idrica, le mani della criminalità organizzata sul settore.
Con quel decreto, infatti, si rafforzava anche il ruolo del commissario per la siccità, Nicola Dell’Acqua, “che ha predisposto un piano straordinario e lo autorizziamo a svolgere gli interventi di urgenza per riuscire a efficientare il sistema idrico italiano”.
Alla fine, si è intervenuti sull’agrivoltaico per far piacere ad alcuni gruppi di pressione, creando problemi ulteriori allo sviluppo delle rinnovabili e non risolvendo il vero problema degli agricoltori: la mancanza di acqua per irrigare (senza contare l’enorme consumo idrico per gli allevamenti intensivi).
E ora, i costi per intervenire si fanno sempre più alti, mentre le prospettive per i prossimi mesi non fanno che mettere in dubbio la tenuta idrica del Paese.