Pubblicata dall’Istat la nuova edizione del “Rapporto annuale 2023. La situazione del Paese”. Terminato lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Il dramma della povertà energetica.
Crescono le famiglie italiane in povertà energetica
La povertà energetica viene definita in Italia come la difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici oppure come la condizione per cui l’accesso ai servizi energetici implica una distrazione di risorse (in termini di spesa o di reddito) superiore a quanto socialmente accettabile.
Secondo i nuovi dati dell’Istat, nel nostro Paese risulta in povertà energetica il 25% circa delle famiglie. Un dato drammatico, perché in uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, in tempi di transizione digitale ed energetica, il numero di nuclei famigliari in condizioni energetiche difficili dovrebbe diminuire, non aumentare.
Secondo dati ufficiali del ministero delle imprese e del Made in Italy, nel periodo 2005-2016, la quota di famiglie in povertà energetica sarebbe stata mediamente pari a poco meno dell’8% del totale, con un andamento però tendenzialmente crescente, raggiungendo nel 2016 un valore di circa l’8,6%, pari a 2,2 milioni di famiglie, valore che sarebbe più o meno confermato nel 2017 e in leggera crescita nel 2019-2020 all’8,8%.
I bonus sociali non bastano
Tornando ai dati Istat, ad alleviare questa condizione non pare siano sufficienti neanche i bonus sociali.
Le famiglie ancora in povertà energetica dopo aver ricevuto il bonus sono, appunto, il 25,1%. L’ammontare dei bonus, infatti, pensati per mitigare l’impatto sulle famiglie della crescita dei prezzi dei beni energetici, è in media di 992 euro per famiglia beneficiaria e oltre il 90% del valore totale della spesa va alle famiglie più povere.
A conti fatti, le famiglie che hanno una spesa energetica troppo elevata unite a quelle il cui reddito scende sotto la soglia di povertà, una volta fatto fronte alle spese energetiche, sono l’8,9% delle residenti in Italia e il 27,1 per cento di quelle che ricevono in bolletta i bonus sociali, pensati per mitigare l’impatto sulle famiglie della crescita dei prezzi dei beni energetici.
L’Italia è stata uno dei paesi più colpiti dagli aumenti dei prezzi energetici, in particolare per quanto riguarda l’energia elettrica. Secondo l’Istat, il prezzo per uso domestico, che nel secondo semestre 2020 era più basso di quello di Germania e Spagna, ha subito nell’arco di due anni un incremento così ampio (+72,4%) da diventare il più alto tra le maggiori economie europee.
L’impatto del caro energia sulla povertà
L’impatto della crescita dei prezzi dei beni energetici è stato relativamente più pesante per le famiglie con più bassi livelli di spesa: l’inflazione misurata dall’indice IPCA relativa ai beni energetici per le famiglie con i livelli di spesa più bassi è stata superiore di oltre 13 punti a quella registrata per le famiglie con i livelli di spesa più alti (rispettivamente, +60,6 per cento e +47,5 per cento).
L’Istat sottolinea in una nota a commento dei dati, che “l’impatto della crescita dei prezzi dei beni energetici è stato relativamente più pesante per le famiglie con più bassi livelli di spesa” e “nel medio periodo il processo di transizione ecologica è destinato a modificare radicalmente le fonti e i prezzi dell’energia e, anche in virtù della sperequazione nell’impatto della variazione dei prezzi energetici, non si può dare per scontato che i costi e i benefici di questo processo siano distribuiti in modo equo“.
Più in generale, in tema di deprivazione economica e non solo, in Italia il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà (trappola della povertà) è più intenso che nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea: quasi un terzo degli adulti (25-49anni) a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria.