Un evento di Confindustria sul decreto denominato “Energy release” per parlare di transizione energetica delle imprese e soprattutto dell’industria nazionale. Un tema difficile, in particolare per i settori particolarmente energivori qui chiamati in causa. Per il delegato del Presidente dell’Associazione non c’è alternativa al nucleare e il ministro Pichetto Fratin è d’accordo, annunciando una nuova regolamentazione. Viene da chiedersi perché non si sia pensato ad altri vettori energetici altrettanto validi in termini di decarbonizzazione del settore industriale più pesante, come l’idrogeno.
Decreto Energy release, l’evento a Confindustria
Lo scorso 23 luglio il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha firmato il decreto Energy release, misura contemplata all’articolo 1 del decreto 181/2023, teso a promuovere e accelerare gli investimenti in autoproduzione di energia rinnovabile nei settori a forte consumo di energia elettrica, tenuto conto degli obiettivi previsti dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec).
Oggi presso la sede romana di Confindustria, si è tenuto un convegno dedicato al decreto e alle sue finalità. Aurelio Regina, delegato del presidente di Confindustria per l’Energia, ha dichiarato aprendo l’incontro sul decreto energy release “è un passo significativo verso la transizione delle industrie ad “alta intensità energetica”.
“Abbiamo lavorato per colmare il gap del prezzo dell’energia tra l’industria italiana e quelle francese e tedesca con cui oggi abbiamo differenziali significativi: ad agosto il costo dell’energia in Italia è stato doppio rispetto a quello francese, è stato del 60% più di quello tedesco e del 40% superiore di quello spagnolo”, ha precisato Regina secondo quanto riportato da Sole 24 Ore Radiocor.
“Vediamo questo decreto come il prodromo della riforma del mercato elettrico”, ha quindi sottolineato il delegato del Presidente di Confindustria, che ha poi affrontato subito il tema infuocato del nucleare, affermando: “Non c’è alternativa possibile al nucleare. Speriamo che il Parlamento avalli interamente e non ci siano disquisizioni ideologiche, ne va del futuro del benessere del nostro paese”.
Ipotesi nucleare. Fratin: “Presto una nuova regolamentazione e tre depositi nazionali per le scorie”
“Nei prossimi mesi presenterò la proposta per la nuova regolamentazione sul nucleare“, ha detto sul tema il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, per il quale “è una la scelta che dobbiamo dare alle quattro, cinquemila imprese energivore che altrimenti hanno difficoltà a competere sui mercati internazionali“.
Sul nucleare, ha continuato Pichetto Fratin, “la base di conoscenza del paese è notevole. Questo ci mette nelle condizioni di sviluppare una gamba produttiva non irrilevante, abbiamo tutti gli strumenti per esserci. Appena i prodotti saranno a disposizione potremo utilizzarli”.
“Ci troviamo in un momento in cui a seguito di scelte fatte in passato abbiamo dei prezzi dell’energia che non sono competitivi rispetto agli altri paesi europei, Francia, Spagna e Germania. Noi a questi prezzi non possiamo mantenere il livello di competitività”, ha proseguito il ministro, sottolineando che “il nostro dovere è mettere nelle condizioni il sistema produttivo italiano di essere competitivo in Europa”.
A livello industriale e ospedaliero, “tutti i giorni produciamo scorie nucleari a bassa e media intensità, e in questo momento abbiamo 30 e più siti di stoccaggio. La cosa bella sarebbe ridurli a uno. Altrimenti uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud. E’ una valutazione da fare“, ha proseguito Fratin.
Arrigoni (Gse): “Per le imprese costo energia elettrica a 65 euro MWh”
“I prezzi non sono più quelli del 2020, ma sta aumentando il differenziale con altri paesi, specialmente con la Germania. È un problema di competitività, il decreto interviene per tutelare la competitività del sistema produttivo italiano”, ha detto Paolo Arrigoni, presidente Gse.
“Questa misura si inserisce in un sistema di misure per rinnovabili, alcune già operative ed è una ulteriore occasione per dimostrare che è in atto una trasformazione in cui il Gse diventa sempre più un soggetto facilitatore della transizione”, ha precisato Arrigoni.
“Il costo dell’elettricità anticipata alle imprese energivore con l’Energy Release “sarà di 65 euro al Megawattora. L’esborso a carico dello stato sarà di circa 800 milioni di euro all’anno per tre anni, agli attuali prezzi di mercato (120-130 euro al Megawattora), dato che col provvedimento saranno anticipati almeno 20 Terawattora all’anno”, ha proseguito il Presidente del Gse.
In decreto per supportare la transizione energetica dei settori industriali
Nello specifico, il decreto Energy release è stato pensato per supportare la transizione energetica dei settori industriali esposti alla concorrenza internazionale e, quindi, a maggiore rischio di delocalizzazione, fornendo ai clienti finali energivori: una priorità nella concessione di superfici pubbliche per la realizzazione degli impianti in caso gli Enti concedenti ricevessero più richieste per le medesime aree; la facoltà di richiedere per 36 mesi (3 anni) una anticipazione del 50% dell’energia che verrà generata a seguito dei loro investimenti e delle relative Garanzie d’Origine.
La misura è altresì costruita per abilitare lo sviluppo dell’autoconsumo green e di contratti di approvvigionamento energetico a lungo termine (c.d. Power Purchase Agreement – PPA) fino a c.a. 4-5 GW di nuova capacità rinnovabile.
Perché abbiamo abbandonato la strada dell’idrogeno?
Peccato che per far fronte alla costante e crescente fame di risorse energetiche da parte dell’industria e delle imprese più energivore non si sia preso in considerazione l’idrogeno, vista anche la facilità di trasporto e distribuzione (si potevano usare le stesse infrastrutture del gas naturale).
Negli ultimi anni si è volontariamente abbandonata la strada dell’idrogeno (non solo verde). Eppure, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, questo vettore energetico può offrire un contributo importante per affrontare molte sfide energetiche e raggiungere gli obiettivi previsti per il 2050, sia integrando le rinnovabili, sia contribuendo a decarbonizzare i cosiddetti hard-to-abate sectors – come l’industria chimica e siderurgica e i trasporti pesanti – per i quali è difficile azzerare le emissioni ricorrendo all’elettrificazione diretta e alle tecnologie attualmente disponibili.
Secondo diversi studi, l’idrogeno può diventare un elemento essenziale per accelerare la transizione energetica e generare importanti benefici socio-economici e ambientali. Ad esempio, nello scenario sviluppato da “Hydrogen Roadmap Europe: Un percorso sostenibile per la transizione energetica europea“, l’idrogeno verde potrebbe coprire entro il 2050 fino al 24% della domanda finale di energia e creare 5,4 milioni di posti di lavoro, oltre a contribuire al totale riduzione di 560 milioni di tonnellate di CO2.
La transizione verde costa, ma costa di più non agire o agire male
Boston Consulting Group ha aggiornato le stime già raccolte nello studio sull’Industrial Decarbonization Pact, l’alleanza tra i settori industriali energivori italiani per accelerare la transizione ecologica del nostro Paese, evidenziando che il costo della transizione verde in questi settori potrebbe raggiungere i 20 miliardi di euro entro il 2030, con un aumento di 15 miliardi rispetto alla stima precedente.
Tuttavia, non agire costerebbe ancora di più: prendendo in considerazione i prezzi della CO₂ più elevati, pari a 160 euro per tonnellata al 2030, il costo della mancata decarbonizzazione in Italia potrebbe arrivare a circa 3,5 miliardi di euro all’anno.