Pubblicato il nuovo report di Legambiente “Stop sussidi ambientalmente dannosi”. I settori più sostenuti con i soldi pubblici sono quello dell’energia e dei trasporti. Troppo timide, invece, le politiche di eliminazione e rimodulazione dei sussidi attivati fino ad ora. La transizione con le rinnovabili, bollata come “ideologica”, rallentata da inefficienze e ritardi autorizzativi: ancora 1.400 progetti in valutazione al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica.
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Crescono ancora i sussidi alle fonti fossili nel nostro Paese
L’Italia fa la transizione energetica ed ecologica a parole, poco nei fatti. I sussidi alle fonti energetiche fossili per il 2022 si sono attestati a 94,8 miliardi di euro, secondo il nuovo Rapporto di Legambiente.
Una cifra che è doppia rispetto al 2021 e quasi tripla rispetto al 2020. Un fatto grave, anche perché sono tutte risorse finanziarie sottratte al settore delle fonti energetiche rinnovabili, che il nostro Governo ha detto di voler triplicare, seguendo l’annuncio della Commissione europea, entro la fine del decennio (mancano solo sei anni circa).
Una politica energetica miope, la nostra, che vede questi 94,8 miliardi di euro riversati durante lo scorso anno su opere e progetti direttamente ed indirettamente connessi con i combustibili fossili.
Come spiegato dall’associazione: “Il settore energia si conferma quello con più sussidi con 52,2 miliardi di euro, seguito dal settore trasporti con 20,5 miliardi di euro. Tra gli altri settori c’è anche quello edilizio che, tra detrazioni fiscali, IVA agevolate, deduzioni IRPEF e crediti d’imposta, conta 17 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi. Troppo timide, invece, le politiche di eliminazione e rimodulazione dei sussidi attivati fino ad ora. A fronte dell’eliminazione di appena 6 voci nel 2022, pari a 193 milioni di euro, sono 53 le voci in più introdotte solamente per far fronte all’emergenza energetica per una spesa totale di 51,2 miliardi di euro”.
Fonti rinnovabili, 1.400 progetti fermi al Mase
Portando avanti una politica energetica tutta sbilanciata sulle fonti fossili e ora anche sul nucleare, bollando come “ideologiche” le esigenze di chi vorrebbe invece investire di più sulle rinnovabili, aumentando progetti, impianti e infrastrutture, il Governo di fatto ha bloccato la transizione energetica, o comunque fortemente rallentata, con 1.400 progetti ancora in valutazione al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica.
Parliamo di domande ormai datate al 2008, come quella per la realizzazione del progetto di eolico offshore nel Golfo di Manfredonia, che secondo quanto riportato da Legambiente: “ha avviato ben tre modifiche di progetto riducendo il numero di torri dalle iniziali 100, poi 65 e poi ancora 50 e che oggi, dopo ben 15 anni dovrebbe essere, secondo quanto riportato sul portale del MASE, alla firma del Ministro”.
308 miliardi di euro di sussidi fossili negli ultimi 12 anni
L’emergenza energetica scattata con il rialzo dei prezzi delle materie prime, come il gas ovviamente, ha portato prima il Governo Draghi, poi quello Meloni, a produrre misure tempestive (ben 84) per 80 miliardi di euro circa di sussidi alle fonti fossili, soprattutto nei settori chiave dell’energia e dei trasporti.
Negli ultimi 12 anni, sempre secondo lo studio, sono stati spesi ben 308 miliardi di euro per le fonti fossili. Cifre destinate a restare elevate anche per il 2023 se si considera che, secondo le prime analisi di Legambiente, i sussidi salirebbero di ulteriori 27,4 miliardi di euro.