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Riscaldamento e pompe di calore, l’UE rivede le Direttive. Obiettivi 2030 a rischio?

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Sebbene il settore del riscaldamento stia lentamente abbandonando i combustibili fossili, la combinazione di tecnologie innovative e normative più stringenti, ad oggi non basta ad accelerare il processo. Secondo uno studio del JRC, energia rinnovabile e pompe di calore occupano ancora una quota esigua (25%) sulle soluzioni in uso per la climatizzazione degli ambienti. Le novità dall’Unione europea.

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La revisione delle Direttive e il ruolo dei singoli Stati

È assodato, dal punto di vista energetico, riscaldamento e raffrescamento dell’aria, restano due problemi da risolvere per l’Unione Europea. Con una quota di appena il 25% di energia rinnovabile, per il 15% costituita dalle pompe di calore, le soluzioni in uso per la climatizzazione degli interni rappresentano ancora oggi una delle principali fonti di consumo energetico, e dunque inquinamento atmosferico in Europa, nonché minaccia concreta per la salute pubblica. Con la revisione della Direttiva sulla Qualità dell’Aria Ambiente, l’UE ha allineato i propri standard ai livelli guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ma la decisione richiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030. In linea di massima, le normative recentemente aggiornate – Renewable Energy Directive, Energy Efficiency Directive e Energy Performance in Buildings Directive – insieme al Net Zero Industry Act, forniscono un forte segnale politico per sostenere soluzioni di riscaldamento pulite, come il teleriscaldamento efficiente e le pompe di calore, ma come al solito saranno i governi nazionali a fare la differenza.

I dati sconfortanti del JRC

Da uno studio pubblicato dal JRC, il Centro di Ricerca Comune europeo, emerge che nonostante i progressi ottenuti con l’utilizzo di fonti meno inquinanti, i dispositivi a combustione continuano a dominare il mix energetico del riscaldamento nell’UE, rappresentando il 97% della produzione di calore nel 2022. 

A dispetto della riduzione dei consumi energetici (9,5% rispetto al 2005), dovuta indiscutibilmente all’impiego di apparecchi più efficienti come le pompe di calore, che hanno visto un incremento sei volte maggiore rispetto a venti anni fa (oggi rappresentano il 3,7% del consumo finale lordo di energia) la situazione è ancora critica.

Le emissioni derivanti dal riscaldamento sono dominate dal settore residenziale, che più precisamente rappresenta l’85% del PM2.5, l’82% del NMVOC, il 79% dell’ammoniaca, e il 76% del monossido di carbonio (CO). Nel complesso, tra le sostanze inquinanti pericolose emesse nell’aria da riscaldamenti e condizionatori di abitazioni ed edifici, si annoverano il 73% del particolato fine (PM2.5), il 33% degli ossidi di azoto (NOx), il 2% dell’ammoniaca (NH3), il 18% dei composti organici volatili non metanici (NMVOC), il 61% del monossido di carbonio (CO) e il 49% del biossido di zolfo (SO2).

Dati che evidenziano l’urgenza di fissare limiti più stringenti alle emissioni per gli apparecchi venduti nel settore domestico, con particolare attenzione alle biomasse per il particolato fine e al gas e biomassa per gli ossidi di azoto.

Gli obiettivi al 2030 nei Piani Nazionali per Energia e Clima

L’analisi dei Piani Nazionali per l’Energia e il Clima (PNIEC), sia del 2019 che delle ultime bozze, mostra un aumento delle ambizioni sulle energie rinnovabili, con Svezia e Danimarca a fare da apripista nel percorso verso la decarbonizzazione del sistema.

La Svezia punta, infatti, al 73% di contributo da fonti rinnovabili nel riscaldamento e raffrescamento entro il 2030, mentre la Danimarca mira al 77%, con un incremento di 17 punti percentuali rispetto al piano precedente.

Nonostante questi progressi, 12 Stati membri non raggiungono ancora i requisiti fissati dall’UE, con quote rinnovabili al 2030 inferiori alle attese. La Commissione ha quindi emesso raccomandazioni per aumentare le ambizioni nei piani aggiornati, ora in fase di finalizzazione.

Le bozze del 2023 prevedono un aumento del 22% nell’uso delle pompe di calore entro il 2030, mentre le proiezioni sull’uso delle biomasse mostrano un incremento modesto, con alcuni Paesi che riducono gli obiettivi a causa delle preoccupazioni legate alla qualità dell’aria.

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