Entra in vigore la legge approvata con una minoranza risicata in Ue. Gli Stati membri dovranno presentare piani nazionali per il ripristino delle aree degradate. Il regolamento è ambizioso, ma necessario, per affrontare le attuali sfide ambientali.
L’iter legislativo complesso
È entrata in vigore ieri la legge Ue sul Ripristino della Natura. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale europea il 29 luglio, il regolamento 2024/1991 rappresenta un elemento cruciale del Green Deal europeo.
La normativa è stata ha ottenuto l’approvazione definitiva dal Consiglio dell’Unione Europea il 17 giugno scorso, dopo un percorso legislativo complesso e un ‘sì’ europeo raggiunto in ritardo e a fatica. L’opposizione è stata infatti di diversi Stati membri, tra cui l’Italia.
Pilastro della strategia dell’Ue per la biodiversità, la legge punta a ripristinare le aree naturali degradate. La legge mira infatti a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime degradate entro il 2030.
I compiti dei 27
Nell’ambito di questo obiettivo generale, gli Stati membri saranno tenuti a ripristinare almeno il 30% degli ecosistemi già deteriorati, coperti dalla legge, entro la fine del 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050, al fine di preservare gli habitat naturali, a tutelare la biodiversità e a migliorare la sicurezza alimentare.
Inoltre, dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo e adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio come intendono raggiungere questi obiettivi.
Entro il 1° settembre 2026, i 27 dovranno presentare alla Commissione Europea un piano nazionale di ripristino. Questo piano dovrà essere elaborato tenendo conto di tre strumenti normativi: il Pniec, la riduzione dei gas serra come da regolamento 2018/1999 e la direttiva sulle fonti rinnovabili 2018/2001.
Un equilibrio delicato
Ogni Paese membro dell’Ue sarà tenuto ad adottare un proprio piano nazionale di ripristino della natura, che dettagli gli strumenti, inclusi quelli finanziari, necessari per raggiungere gli obiettivi stabiliti. Questi piani dovranno essere sviluppati in collaborazione con la comunità scientifica per decidere a quali habitat dare priorità negli interventi di ripristino.
I piani nazionali di ripristino non solo dovranno delineare chiaramente le azioni necessarie per raggiungere gli obiettivi di ripristino ambientale, ma dovranno anche dare priorità ai siti Natura 2000, una rete di aree protette istituita per garantire la conservazione degli habitat e delle specie.
I piani presentati verranno revisionati – ed eventualmente corretti – nel 2032, nel 2042 e nel 2050.
La Nature Restoration Law introduce la possibilità di sospendere temporaneamente le misure che impattano sugli ecosistemi agricoli in circostanze eccezionali, per esempio, quando gli obiettivi di ripristino rischiano di compromettere la sicurezza alimentare.
Gli obiettivi di ripristino stabiliti rappresentano un impegno ambizioso ma necessario per affrontare le attuali sfide ambientali.