Tutti chiedono di accelerare la transizione energetica, ma sul come ci si divide. I ministri dell’Energia dell’Unione favorevoli a parole sulle rinnovabili, ma la maggioranza rimane ferma ad una quota del 40% dei consumi energetici entro il 2030, andando contro la posizione dell’Europarlamento e della Commissione, che fissa il target al 45% entro la fine del decennio. Che ne sarà dell’autonomia energetica e degli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti?
Il passo indietro dei ministri dell’Energia
Durante l’anno in corso la capacità installata di energia rinnovabile e pulita da impianti solari ed eolici ha permesso ai Paesi dell’Unione europea (Ue) di risparmiare 10 miliardi di metri cubi di gas naturale. Un risultato fondamentale nella (lunga e difficile) strada verso l’autonomia energetica.
Nonostante questo, l’Ue non riesce ancora a trovare una posizione comune sull’aumento della quota di fonti energetiche rinnovabili nel suo mix energetico e sul come raggiungere il target fissato al 2030.
La maggioranza dei 27 ministri dell’Energia degli Stati dell’Unione, infatti, sembra orientata verso una quota del 40%, andando contro il voto del Parlamento europeo, che invece sosteneva la necessità di alzare l’asticella al 45% entro la fine del decennio (la stessa posizione espressa dalla Commissione europea).
L’UE spaccata in due: 40% vs 45% di rinnovabili nel mix energetico del 2030
Di fatto l’Europa è spaccata in due: a favore del target 40% ci sono Francia, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Slovacchia e Romania, mentre per la quota del 45% si sono schierati Austria, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna.
Non chiara la posizione dell’Italia, che a parole si dice favorevole ad un’accelerazione sulle fonti rinnovabili, ma continua a considerare fondamentale insistere sul gas come vettore principale della transizione energetica ed ecologica.
Croazia e Irlanda si sono dette favorevoli al 40% per il momento, ma attendono di vedere come si svilupperanno i negoziati tra Europarlamento, Commissione e Consiglio, lasciando intendere che a seconda di come si metteranno le cose non si opporranno ad un aumento della quota di rinnovabili nel mix energetico europeo entro il 2030.
Sulla stessa posizione anche la Finlandia.
Il punto è che molti Paesi, tra cui la Francia, sono sì favorevoli alle rinnovabili, ma senza escludere l’impiego di altre tecnologie classificate come pulite, che comunque garantirebbero un percorso di decarbonizzazione altrettanto positivo (leggi tra le righe il nucleare).
I vantaggi delle rinnovabili nella corsa all’autonomia energetica
Piuttosto delusa, per come si sta evolvendo il confronto, è la Commissaria all’Energia, Kadri Simons, che ha commentato: “Naturalmente, la proposta iniziale della Commissione era significativamente più ambiziosa. Già oggi sappiamo che esiste la possibilità di raggiungere l’obiettivo di un mix energetico con una quota di rinnovabili ben superiore al 40%. L’invito rivolto ai partner europei è di impegnarsi di più su questo fronte”. Anche considerando che se quest’inverno (forse) lo passeremo senza intoppi gravi, in termini di approvvigionamento energetico, molto diverso (e più inquietante) sembra essere lo scenario per il 2023/2024.
Secondo un recente studio pubblicato da Ember, con il target di 45% di fonti rinnovabili l’Unione europea potrebbe risparmiare sui consumi energetici e quindi sulle bollette del gas circa 200 miliardi euro tra il 2025 ed il 2030, l’Italia più di 25 miliardi di euro.