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Il ruolo della BEI per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Intervista (video) ad Alessandro Boschi, capo Divisione Energie rinnovabili, Banca Europea per gli Investimenti

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La Banca europea per gli Investimenti dal 2019 ha cessato di finanziare i combustibili fossili. Ad oggi la Banca è uno dei players fondamentali della transizione energetica, può dirci di più sul sostegno ai progetti di energia pulita? 

La Banca già nel 2019, con l’approvazione della nuova Energy Lending Policy ha deciso di focalizzarsi nelle aree in cui sono necessari maggiori investimenti per la transizione energetica. Tra queste, le energie rinnovabili, l’efficienza energetica, le reti e tutti i nuovi sistemi di infrastrutture necessari, come lo stoccaggio ad esempio, il Demand Response System, al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Successivamente con Repower Eu, l’iniziativa della Commissione europea a valle del conflitto in Ucraina, per rendere l’Europa ancora più indipendente dalle forniture di combustibili fossili dalla Russia, la BEI ha ulteriormente rafforzato il proprio supporto agli stessi settori che aveva già individuato nel 2019. In che modo, aumentando i volumi di finanziamento verso quei settori, avendo la possibilità di finanziare una percentuale più alta dei progetti. Normalmente la BEI finanzia fino al 50% del valore del progetto, ma in casi specifici possiamo arrivare, grazie a questa iniziativa, al 75%. Ovviamente solo qualora ci siano le condizioni e le necessità per un intervento importante, perché tipicamente finanziamo insieme ad altre banche […]. Il risultato è stato un aumento dei finanziamenti della BEI verso il settore energia in generale. Giusto per dare delle cifre, siamo passati tra il 2019 e il 2023, da 11 miliardi di euro di nuovi finanziamenti al settore energia, a 21 miliardi, quindi parliamo di quasi un raddoppio. E, infatti, la risposta di Re Power EU prevede per la BEI un pacchetto di 45 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi a quelli già previsti.

Draghi ha quantificato in circa 800 miliardi gli investimenti necessari ogni anno all’Europa per rimanere competitiva. Come legge questa analisi in chiave energetica, ovvero quanto di questa cifra, secondo lei, dovrebbe essere destinata alla produzione di energie alternative?

Intanto, la prima cosa da dire è che Draghi mette il settore energia tra quelli fondamentali, in cui l’Unione Europea dovrà investire per mantenere la propria competitività e per continuare a proseguire sulla strada della decarbonizzazione. Quindi le due cose vanno insieme. Questo è un messaggio importante. Il Rapporto Draghi parla di 800 miliardi, di cui 300 dedicati all’energia. Include nella sua stima anche le tecnologie, le Clean Technologies quindi c’è anche una parte che è legata al manufacturing, alla produzione dell’e-Equipment necessario per la transizione energetica. È un numero che comprende queste due componenti. In ogni caso, le stime coincidono con quelle fatte dalla Commissione Europea. Nell’ambito dell’iniziativa Fit for 55 dell’Unione Europea, la Commissione ha realizzato lei stessa delle stime sulla parte che riguarda più strettamente la produzione di energia da rinnovabili e reti. Si tratta di 150 miliardi l’anno circa.

Sicuramente l’energia rimane importante, ma è ancora più importante che l’Europa resti al centro, anche dal punto di vista delle tecnologie, non solamente della produzione di elettricità da rinnovabili, i cui obiettivi sono già molto ambiziosi. 

Quali sono gli investimenti della BEI nel settore energetico in Italia? 

L’Italia è tra i principali beneficiari dei finanziamenti della BEI. Ovviamente anche nel settore energia, dove ltramite il proprio Piano Nazionale Integrato per Energia e Clima si è posta degli obiettivi, direi molto ambiziosi, al 2030. La BEI, a seguito di questo, ha aumentato i propri finanziamenti in Italia. Giusto per dare delle cifre: negli ultimi 3 anni, quindi dal 2021 al 2023, e la BEI ha fornito più di 6 miliardi e mezzo di finanziamenti al settore energia in Italia. Di questi, poco meno di 2 miliardi per le rinnovabili. Cifra simile per efficientamento energetico, e 2,6 miliardi per le reti (1 miliardo e mezzo nel 2021). Quindi il trend di cui parlavo per tutto il settore, è confermato anche per l’Italia. Abbiamo finanziato anche vari progetti importanti. Ne voglio citare uno, il Tyrrhenian link, la rete di Terna, che collegherà la penisola alla Sicilia e alla Sardegna. Un investimento molto importante e strategico per il Paese. 

Dove si concentrano gli investimenti sul territorio nazionale?

I finanziamenti della BEI riflettono più o meno la situazione nazionale, quindi abbiamo investimenti un po’ in tutta Italia. Ad esempio, abbiamo firmato recentemente per supportare un progetto eolico in Sicilia che si chiama “Vento divino” e che è un’estensione di un parco eolico esistente. Oppure abbiamo finanziato un altro progetto che si chiama Solomon, che è invece distribuito su tutto il territorio. Si tratta di parchi solari di piccola e media dimensione. Quindi direi che la ripartizione dei progetti è abbastanza uniforme su tutto il territorio.

Elettrificazione e rigassificazione sono due parole chiave del percorso di transizione energetica avviato dal nostro Governo. Come si pone la BEI di fronte a due concetti complementari, ma apparentemente contrastanti?

A mio avviso non sono contrastanti. Ci sono due aspetti da considerare quando si parla di gas. La questione della sicurezza degli approvvigionamenti è uno di questi. A valle della situazione in Ucraina di cui parlavamo, in quanto alle forniture di gas, in questi ultimi anni l’Italia ha adottato delle decisioni molto importanti e molto efficaci, a mio avviso. È riuscita a ridurre l’importazione di gas da Tarvisio, che è praticamente il punto di ingresso del gas Russo, sostituendola con gas proveniente dai gasdotti esistenti, quindi dalla Norvegia, dall’Algeria e dal TAP. Al tempo stesso ha aumentato le importazioni dai terminali di rigassificazione del GNL e messo in piedi due nuovi progetti. Se non sbaglio uno a Piombino e l’altro a Ravenna.

Il secondo aspetto da considerare è che i consumi di gas sono in diminuzione. Sia perchè gli inverni sono più miti rispetto al passato, sia perché ci si sta spostando sempre di più verso la produzione di elettricità da fonti di energia rinnovabile. I consumi di gas sono diminuiti più o meno del 20% negli ultimi 2 anni. Il driver è stata appunto la riduzione della produzione di energia elettrica da gas. Con il tempo i consumi di gas verranno ridotti ulteriormente anche nell’uso industriale e nell’uso domestico. Il processo sarà lungo ovviamente, però da qua al 2030, ma anche successivamente, al 2050, si vedrà un’ulteriore riduzione della produzione di gas. Al contrario, invece, i consumi elettrici saliranno in maniera importante, quindi è possibile affermare che il trend di lungo termine è sicuramente quello dell’elettrificazione. Il gas resta un combustibile fondamentale durante la transizione, che sarà importante anche in futuro per la sicurezza degli approvvigionamenti. È importante avere delle infrastrutture che consentano questa sicurezza e l’Italia si è mossa bene in quel senso.

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