La Corte dei Conti europea ha avvertito che continuare su questa strada potrebbe creare nuove dipendenze dai mercati esteri, invece che ridurle, e danneggiare l’industria del vecchio continente, più di quanto già non accada. Bisogna accelerare la transizione nei pilastri chiave del Net Zero Industry Act: decarbonizzazione, pompe di calore, fotovoltaico, eolico, batterie e carburanti alternativi. I rilievi dei revisori Eca Annemie Turtelboom e Nikolaos Milionis
Obiettivi ambiziosi ma necessari da raggiungere, i punti critici
Per aumentare la capacità produttiva, ridurre le dipendenze strategiche dall’estero (a partire da tecnologie per la decarbonizzazione, pompe di calore, fotovoltaico, eolico, batterie per l’elettrificazione di mobilità e trasporti, con l’aggiunta delle più avanzate clean technologies), la Commissione europea ha puntato tutto sul piano Net Zero Industry Act.
In ognuno di questi settori individuati da Bruxelles, l’obiettivo è arrivare ad una produzione ‘made in EU’ del 40% entro il 2030. Non solo, contestualmente, entro il 2050 l’Unione dovrà centrare l’obiettivo delle zero emissioni di CO2 nette.
Al netto dei programmi di riforestazione (gli alberi rappresentano sempre una soluzione ottimale per lo stoccaggio naturale della CO2) e delle tecnologie utili a rimuovere gli inquinanti dall’aria, l’Unione europea (Ue) ha puntato molto sui veicoli elettrici e i carburanti alternativi.
Trasporti troppo inquinanti
D’altronde, il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71,7% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente.
Per questo la Commissione ha dichiarato la necessità di avere non meno di 30 milion di veicoli a zero emissioni sulle strade europee entro la fine del decennio. Negli ultimi due anni soprattutto, in molti si sono detti scettici su questa transizione, se non a costi elevatissimi che l’industria non vuole sostenere.
La Corte dei conti Ue dice la sua sulle politiche Net Zero
La Corte dei Conti europea (European court of auditors, Eca) ha avvertito che continuare su questa strada potrebbe creare nuove dipendenze dai mercati esteri, invece che ridurle, e danneggiare l’industria del vecchio continente, più di quanto già non accada per diversi motivi (molti dei quali ideologici, legati a scelte di singoli Governi).
“Allo stato attuale, se si mantiene l’obiettivo del 2035, gli elevati costi di produzione dei veicoli elettrici potrebbero spingere l’Europa a fare ancora più affidamento sulle importazioni a basso costo, principalmente dalla Cina”, si legge in un articolo pubblicato dalla Reuters.
La Cina, lo ricordiamo, rappresenta il 76% della produzione di batterie per veicoli elettrici, rispetto all’Ue che rappresenta meno del 10% della produzione globale.
“L’Unione europea si trova di fronte a un enigma: come raggiungere gli obiettivi Net Zero senza danneggiare la politica industriale interna e gli stessi consumatori?“, ha detto ai giornalisti Annemie Turtelboom, membro dell’ECA, aggiungendo che “il 2026 sarà un anno chiave per una revisione di queste politiche”.
Mobilità elettrica
“I prezzi dei veicoli elettrici dovrebbero dimezzarsi e i sussidi non sembrano essere uno strumento praticabile… Le batterie da sole costano già 15.000 euro se prodotte in Europa“, ha aggiunto Turtleboom parlando ai giornalisti.
Sebbene gli acquisti di veicoli elettrici siano in aumento sul mercato interno, questo è dovuto in gran parte ai sussidi. Inoltre, mancano le infrastrutture di ricarica, con il 70% dei punti di ricarica concentrati solo in Germania, Francia e Paesi Bassi.
L’Unione, al momento, non riesce a raggiungere l’obiettivo di creare 1 milione di stazioni di ricarica in tutti gli Stati membri.
Idrogeno, biocarburanti e CO2
Negativo anche il giudizio sui carburanti alternativi, come i biocarburanti e l’idrogeno, “che rimangono antieconomici su scala commerciale”.
Non solo, perché dubbi sono stati avanzati anche sull’obiettivo del taglio delle emissioni di CO2: “Nonostante le grandi ambizioni e i severi requisiti, la maggior parte delle auto convenzionali emette ancora la stessa quantità di CO2 di 12 anni fa”, ha affermato in un comunicato Nikolaos Milionis, membro dell’ECA, attribuendo parte del fallimento all’aumento del peso medio delle automobili.