La Commissione europea ha definito “ingiusti e dannosi per i produttori europei” i sussidi ricevuti dai principali marchi cinesi. I dazi applicati vanno dal 17,4% al 38,1%. Le reazioni di Europa e Pechino.
I dazi imposti dall’Ue
A partire dal 4 luglio 2024 i veicoli elettrici a batteria (BEV) per passeggeri prodotti in Cina saranno soggetti a una tassazione compensativa quando verranno importati nei Paesi dell’Unione europea. È l’annuncio della Commissione a seguito dei risultati preliminari di un’indagine sulle sovvenzioni concesse dalle autorità cinesi ai produttori locali dei veicoli elettrici.
L’indagine, avviata a ottobre 2023, si concluderà a novembre. Se i negoziati con le autorità cinesi non porteranno a un accordo, gli Stati Ue voteranno per rendere i dazi definitivi.
Il dazio si aggiunge alla tariffa di importazione, stabilita al 10%, e interessa tutti i produttori di BEV, con incrementi diversi.
I marchi indagati
Tra i marchi indagati, la percentuale che pesa di più tocca alla Saic, sanzionata del 38,1%. Segue Geely con il 20% e Byd con il 17,4%.
Il documento Ue specifica che i marchi che non hanno collaborato all’indagine subiranno la sanzione massima, pari a quella della Saic, e che i marchi non specificati che hanno partecipato all’indagine subiranno sanzioni del 21%.
Tutte le società indagate hanno ricevuto informazioni sui calcoli fatti che hanno portato alla percentuale di sanzioni scelta e hanno la possibilità di commentarne l’accuratezza. Se i commenti fatti risultassero sufficienti a controbilanciare i calcoli, la Commissione Ue potrà diminuire la sanzione.
Secondo Eurostat, la domanda di mezzi ecologici prodotti in Cina è aumentata esponenzialmente in Europa negli ultimi anni, passando dalle 57mila unità vendute nel 2020 a 437mila nel 2023.
Perché i dazi?
Perché i dazi? Il basso costo della catena di produzione delle auto elettriche cinesi rappresenta una minaccia per i produttori europei. La tassazione nasce per avvicinare il prezzo finale del veicolo cinese a quello europeo. I prezzi cinesi più bassi sono dovuti a bassi costi di manodopera ed energia, a un accesso più facile e rapido alle materie prime e a un solido ecosistema per la produzione di batterie, ma non solo.
I principali marchi cinesi ricevono dalla madrepatria sussidi che la Commissione europea ha definito “ingiusti e dannosi per la concorrenza” dei produttori europei. Si tratta di prestiti a basso costo, crediti sostenuti dallo Stato, sconti fiscali, esenzioni dalla tassazione indiretta sui consumi e prezzi scontati di beni e servizi.
Pratiche commerciali sleali che permettono un prezzo di vendita inferiore rispetto ai costi di produzione e che falserebbero la concorrenza delle case automobilistiche occidentali, rischiando di danneggiarle economicamente, e che non sono in linea con le indicazioni del WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Le motivazioni della Commissione europea
La Commissione Ue sottolinea che l’Unione “non vuole chiudere il mercato unico alle importazioni di BEV cinesi”, ma vuole evitare che i produttori di veicoli elettrici europei ne vengano totalmente fagocitati. I prezzi cinesi sono infatti molto competitivi per l’Europa, nonostante vengano rincarati rispetto alle vendite effettuate internamente.
Come indicato da Radiocor, in media le auto cinesi costano un quinto in meno dei modelli europei. Radiocor sottolinea anche una stima fatta da Allianz: al 2030 l’industria europea dell’auto potrebbe perdere oltre 7 miliardi di euro l’anno di profitti a causa della concorrenza cinese. Inoltre l’Europa è largamente dipendente dalla Cina per la fornitura di materie: batterie al litio, celle a combustibile ed elettrolizzatori.
Per l’Ue avere un settore dei veicoli elettrici a batteria è fondamentale per raggiungere la transizione verde e garantire il 100 per cento di nuove auto immatricolate a emissioni zero entro il 2035.
Le reazioni europee e la risposta cinese
Il voto favorevole all’introduzione dei dazi alle vetture elettriche cinesi non è scontato. All’annuncio dato dalla Commissione europea, infatti, la Germania ha risposto negativamente, dichiarando la propria opposizione.
Potrebbe dichiararsi contraria anche l’Ungheria.
Dovrebbero invece sostenere i dazi la Francia, la Spagna e l’Italia. Il Bel Paese si è addirittura dichiarato favorevole ad aumentare i dazi ai livelli portati in America, dove la tariffazione in import per le vetture elettriche cinesi è del 100%.
Di parere opposto al Governo italiano è la multinazionale dell’automotive italiana Stellantis, il cui portavoce ha dichiarato che il gruppo “crede nella concorrenza libera e leale in un ambiente commerciale mondiale e non sostiene misure che contribuiscono alla frammentazione del mondo”.
E Pechino? La riposta, ovviamente, è stata dura e netta. Lin Jian, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha esortato l’Europa a “rispettare il suo impegno a sostenere il libero scambio, a opporsi al protezionismo e a collaborare con la Cina per salvaguardare la cooperazione economica e commerciale complessiva bilaterale”.