Entrano in vigore, intanto fino a fine ottobre, i dazi aggiuntivi sui veicoli elettrici a batteria (BEV) cinesi importati in Ue. Erano stati annunciati il mese scorso per contrastare la concorrenza sleale con le case automobilistiche occidentali. Contrastanti le reazioni degli Stati membri.
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Quattro mesi di dazi provvisori
Scattano oggi in Europa i dazi compensativi sull’importazione di auto elettriche cinesi, inclusi i modelli prodotti in Cina da aziende europee. Si tratta di una tassazione che va da un minimo del 7,4% a un massimo del 38,1%.
Sono dazi preliminari, resteranno in vigore infatti per quattro mesi, fino a fine ottobre, quando l’Ue deciderà quali dazi mantenere per i successivi 5 anni.
È il via definitivo di una decisione annunciata a giugno, dopo nove mesi di un’indagine antisovvenzioni che ha esaminato le probabili conseguenze e l’impatto di queste misure sia sugli importatori che sui consumatori di auto elettriche.
I risultati dell’inchiesta Ue hanno confermato che le case automobilistiche cinesi beneficiano di sovvenzioni statali che permettono loro di mettere in commercio auto a prezzi inferiori rispetto ai marchi europei, arrecando un pregiudizio economico a questi ultimi.
Il regolamento mette nero su bianco, infatti, il dato della quota di mercato delle BEV cinesi, dichiarando che è passato dal 3,9% del 2020 al 25% nel periodo in cui è stata compiuta l’inchiesta.
La misura dei dazi
I dazi applicati da oggi sono stati leggermente ribassati dall’Ue, rispetto alla proposta di tre settimane fa, in base alle osservazioni sull’accuratezza dei calcoli presentate dai produttori cinesi.
In aggiunta all’attuale aliquota del 10%, Saic è scesa dal 38,1% al 37,6%, Geely ha avuto una riduzione dello 0,1%, passando dal 20% proposto a giugno al 19,9%, Byd ha avuto un dazio confermato del 17,4%.
Le altre case automobilistiche che hanno collaborato all’indagine, ma che non sono state campionate, hanno avuto uno 0,2% di diminuzione, passando dal 21% al 20,8% di dazio medio ponderato.
Fa eccezione Tesla, che potrebbe ricevere un’aliquota individuale ridotta, a seguito di una richiesta di campionamento.
I marchi che non hanno collaborato all’indagine, alla stregua di Saic, sono state ridotte, passando dal 38,1% al 37,6%.
Voti contrastanti in Ue
I dazi appena entrati in vigore verranno ritirati a novembre qualora votasse contro una maggioranza qualificata, composta da almeno 15 Paesi e per un totale del 65% della popolazione Ue.
Tra i 27, ben 23 Stati membri non si sono espressi in merito ai dazi sulle BEV cinese, ma hanno 5 giorni di tempo per esprimere un voto non vincolante. A oggi, hanno espresso parere favorevole Italia, Grecia e Spagna, che unite rappresentano il 40% della popolazione Ue. Contraria la Germania che spinge per un negoziato, dato che è la prima nazione esportatrice di prodotti verso la Cina e teme ripercussioni.
La Commissione Ue sembra ferma sulle sue posizioni e ribadisce che la maggiorazione dei dazi ha come unico obiettivo la concorrenza leale, secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio.
La posizione italiana
Come indicato da Radiocor, al termine di una due giorni in Cina, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, auspica una “soluzione negoziale”. La proposta riguarda la produzione di BEV in Europa, ma da parte delle case automobilistiche cinesi.
Le vetture green realizzate in Italia, usando componentistica e manodopera italiane, sarebbero quindi targate “made in Italy” ma userebbero le tecnologie cinesi.
“La Cina è un partner sempre più importante per realizzare in Europa tecnologia green, mobilità elettrica, auto e bus secondo la sostenibilità ambientale che vogliamo con pervicacia raggiungere”, ha concluso il ministro del MIMIT.
La Cina, dal canto suo, auspica che l’Ue trovi, nei prossimi quattro mesi, “una soluzione accettabile per entrambe le parti”, come riferito dal portavoce del Ministero del Commercio cinese, He Yadong, aggiungendo che l’inchiesta dovrebbe basarsi su fatti e regole.