Tashkent, Capitale Uzbeka, anche grazie alla cooperazione con la Cina, ha affinato la propria strategia, affrontando la naturale discontinuità dell’eolico e del solare.
Il nuovo sistema di accumulo elettrochimico
Entro dicembre, dovrebbe entrare in funzione il nuovo sistema di accumulo elettrochimico realizzato nella Regione di Fergana, nell’area più orientale dell’Uzbekistan. Un grande progetto, dalla portata strategica, la cui costruzione sarebbe costata 140 milioni di dollari.
Il Paese asiatico, infatti, ha deciso di affrontare la naturale intermittenza del vento e del Sole, con l’idea di creare un ‘deposito’. Secondo quanto riferito dall’agenzia Podrobno.uz, la capacità della struttura sarebbe di 150 Megawatt-300 Megawatt/h. A pieno regime, dovrebbe produrre circa 2,2 miliardi di chilowattora di elettricità all’anno.
Si tenga conto che il consumo medio annuale delle famiglie locali è all’incirca di 200 KWh al mese (stime riportate da Gazeta.uz). Conseguentemente, la maggiore costanza di energia elettrica a disposizione gioverebbe ad almeno 900.000 famiglie uzbeke.
La centralità della cooperazione sino-uzbeka
La tecnologia scelta e poi implementata da Tashkent è quella del cosiddetto Battery Energy Storage System (BESS), il cui fulcro è una batteria al sodio o al litio di grande capacità.
Sullo sfondo, il progetto ha trovato nella Cina un sostenitore quasi naturale. Non soltanto perché l’Uzbekistan è un attore pivotale della Nuova via della Seta. Si tratta infatti di rinverdire il sistema di quelle connessioni che irrorano l’Asia, a sostegno delle sue proiezioni geo-economiche di riferimento.
I soggetti cinesi direttamente coinvolti nel piano sono stati tre. Nello specifico, la China Energy Overseas Investment Co. Ltd, Huawei e la China Southern Power Grid Company. Al di là dell’efficientamento e della transizione energetica uzbeka, gli investimenti sinici sono un primo tassello – in attesa di valutare i risultati prodotti – di un disegno dalla più ampia portata.
Secondo Novosti Uzbekistana, infatti, il passaggio successivo consisterebbe nell’impiego di ulteriori capitali, da ripartire tra diversi poli. In primo luogo, all’interno un impianto nella Regione di Tashkent, la cui capacità produttiva energetica raggiungerà i 500 Megawatt.
A questo, si aggiungerebbero due impianti idroelettrici più piccoli, con una capacità di generazione combinata stimata intorno ai 45 MW. È evidente una volta di più, in questo scenario, come le necessità e le esigenze locali possano fungere da volano, intersecandosi con gli interessi altrui.