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Rinnovabili, Italia in ritardo: mancano 62.284 MW. Lo studio di Legambiente

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Legambiente ha fatto il punto sull’implementazione delle rinnovabili in Italia, in particolare su eolico e solare, traendone numerosi spunti di riflessione. L’aspetto di fondo è che comunque, nonostante gli investimenti, l’intero ‘Sistema Paese’ debba ancora crescere. Sia per allinearsi agli impegni internazionali, che per migliorare i consumi sul mercato interno. Non ultimo, perché gli effetti della crisi climatica sulla Penisola potrebbero aumentare le differenze tra i territori.

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Rinnovabili in Italia

Il dibattito sulla transizione energetica in Italia si è arricchito dell’ultimo rapporto di Legambiente, ‘Scacco Matto alle Rinnovabili‘. Nel dettaglio, l’associazione ambientalista italiana ha studiato il ruolo delle fonti ‘verdi’ e delle varie Regioni, in rapporto al raggiungimento degli obiettivi climatici. Il tutto, posti gli obiettivi e gli impegni che il Governo di Roma si è assunto negli ultimi anni.

L’Italia infatti è un Paese che, con le differenze socio-economiche nei territori e i cambiamenti climatici, ha trovato nel dissesto idrogeologico un vulnus tangibile. Le contromisure, dunque, oltre a fornire risposte ad un problema strutturale, si legittimerebbero in una prospettiva ancora più ampia. Dal comparto dell’ambiente, si possono infatti creare tante opportunità, posti di lavoro e generare valore.

Ebbene, lo studio di Legambiente sulle rinnovabili in Italia ha sottolineato come gli sforzi da compiere siano ancora notevoli. Non solo. L’associazione è stata esplicita, arrivando a parlare di “Italia in ritardo”. Questo, nonostante per esempio lo scorso anno l’Ispra avesse comunque certificato una crescita nelle fonti rinnovabili, a livello di quota di consumo interno lordo.

Un primo punto di partenza

Di base, il campione di analisi – in data 15 gennaio 2025 – ha portato all’attenzione almeno 1.729 progetti sulle fonti rinnovabili, soggetti a valutazione nelle diverse fasi di procedura. E insieme, sono state 570 le nuove richieste di progetti rinnovabili sottoposte al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) nel corso del 2024.

I numeri, di per sé, sono importanti, indici di una crescita repentina e seppur al cospetto di una burocrazia imperante. Il solare, l’eolico, il geotermico e l’idroelettrico hanno tutti un loro ruolo nella produzione nazionale di energia elettrica.

In un’ottica comparativa, nel 2015, i piani in materia avviati alla Valutazione di Impatto Ambientale erano otto. Quattro anni dopo, 37. Nel 2021, si è raggiunta quota 242, tra la Commissione Tecnica “ordinaria” e quella PNRR-PNIEC. Successivamente, il 2022 e il 2023 hanno visto dei dati ancora superiori, dato l’avvio rispettivamente di 563 e 610 procedure.

Il ‘Sistema Paese’ Italia e un’economia storicamente trasformatrice – senza grandi materie prime – hanno segnato la portata della sfida. Gli ultimi tre anni e la seconda fase del conflitto russo-ucraino, poi, hanno ulteriormente accelerato questi processi. A riprova dell’importanza di una bilancia energetica equilibrata e pluralistica, volano geo-economico e geopolitico.

A fine 2024 le tecnologie pulite hanno raggiunto una potenza complessiva di 74.303 Megawatt (MW), con un aumento di 7.477,8 MW rispetto ai 66.824,9 MW che si erano registrati l’anno precedente. Per complessivi 1,8 mln di impianti a fonti rinnovabili, nel 2024 la loro copertura è stata pari al 41,1%
del fabbisogno energetico italiano.

Il livello dei riferimenti

Questi parziali successi hanno compendiato i 17.717 Megawatt (MW) di rinnovabili installati dal 2021 al 2024, con una media annuale di 4.429 MW l’anno. Ciononostante, l’Italia rischia di non rispettare l’obiettivo degli 80.001 MW di nuova potenza entro il 2030. Potrebbe riuscirci nel 2038, con otto anni di ritardo.

Nel merito, i succitati 17.717 MW sono equivalsi ad appena il 22% dell’obiettivo 2030. Restano altri 62.284 MW da realizzare e mettere a sistema nei prossimi sei anni, pari a 10.380,6 MW all’anno. La mole dell’onere è notevole e l’impasse del Decreto Aree Idonee del 21 giugno 2024 non ha certamente offerto un aiuto.

Da qui, il monito di Legambiente: “La strada da percorre è tutta in salita. Sia a livello nazionale. Sia a livello regionale e comunale. Non ultimo, a causa di decreti e leggi sbagliate, ritardi, ostacoli burocratici e opposizioni locali”.

Qualora la rotta non fosse invertita, il rischio è che si vanifichi quello che è stato realizzato negli ultimi due lustri. A maggior ragione considerando l’accelerazione che la crisi climatica ha avuto proprio in Italia, con 2.098 eventi meteo estremi dal 2015 a oggi. Le mancate occasioni di sviluppo, anche in termini occupazionali, potrebbero aumentare le disparità tra i territori, creando fratture ancora più profonde.

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