Lo studio di due ricercatori danesi sul potenziale dell’agrivoltaico in Europa utilizzando tre diversi modelli di impianto: stazionario, verticale bifacciale e a inseguimento su asse singolo.
I risultati dello studio
Lo studio condotto dai ricercatori danesi Kamran Ali, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università di Aarhus, e Marta Victoria, del Centro di ricerca sulla CO2 della Novo Nordisk Foundation, ha portato delle nuove scoperte.
Tra i risultati, è emerso che l’agrivoltaico in Europa potrebbe generare fino a 25 volte la domanda attuale di energia elettrica del Vecchio Continente, mantenendo l’80% dei campi coperti da colture. Ma come si è arrivati a ciò?
I due hanno sviluppato un nuovo modello di calcolo in grado di analizzare l’output di produzione e considerare sia le perdite di ombreggiamento sui pannelli fotovoltaici, che la radiazione solare ridotta su alcune aree.
Cosa è stato esaminato
I tre diversi modelli di impianto analizzati e utilizzati poi per la ricerca, hanno anche un diverso impatto sui campi agricoli. Le caratteristiche?
Il primo ha un’inclinazione stazionaria; il secondo verticale ed è costituito anche da pannelli solari bifacciali; il terzo invece, è un modello con inseguimento solare orizzontale su asse singolo.
Il potenziale dell’agrivoltaico in Europa non è uniforme
Prendendo all’inizio una località in Danimarca come caso di studio, i ricercatori hanno poi esteso la loro analisi al resto d’Europa, scoprendo che, nonostante l’agrivoltaico sarebbe in grado di produrre qui fino a 25 volte la domanda attuale di energia, il potenziale non è distribuito in modo uniforme.
Difatti, ci sono alcuni Paesi, come la Norvegia, che hanno solo l’1% della loro area a disposizione per realizzare impianti adatti a tali scopi, mentre altri, come la Spagna, superano invece il 50%.