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La Cina studia le centrali solari orbitali per fornire energia alla Terra

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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Xidian rilascia uno studio che schiude a nuove prospettive per le centrali solari orbitali. L’idea? Sfruttare l’energia solare nello Spazio e veicolarla sulla Terra, con un fascio di microonde, a un ricevitore sviluppato ad hoc. La ricerca, che rientra in una più ampia iniziativa spaziale di Pechino, fa leva sull’innovativo sistema “Omega-SSPS” (i cui dettagli sono visibili sul portale Science Direct).

Lo Spazio è il nuovo “Eldorado” del fotovoltaico

Non solo centrali solari orbitali ma, a più ampia gittata, soluzioni “spaziali” per l’energia. Si intensifica il ruolo delle attività spaziali quale elemento di sviluppo e crescita del comparto energetico, con particolare rimando alle fonti rinnovabili. L’osservazione delle risorse del Pianeta dallo Spazio viene, infatti, ritenuta particolarmente utile sia nell’ottica della pianificazione sia per gli aspetti ambientali (ai fini della mitigazione del cambiamento climatico).

Non da ultime, le istituzioni nazionali puntano a creare una serie di sinergie; è il caso dell’Italia, con l’accordo Quadro tra ASI e RSE siglato al MIMIT, che vede l’impegno dell’Agenzia Spaziale Italiana e del Centro italiano di Ricerca sul Sistema Energetico per offrire una mappatura più dettagliata delle energie rinnovabili osservando la Terra dallo Spazio. Restando nel nostro Paese, è opportuno citare le celle solari per i satelliti nell’innovazione italiana, prodotte da CESI in collaborazione con la già citata ASI, parte del programma Space Factory 4.0 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le peculiarità? Sono sottili come un capello e vantano un’efficienza del 35% (contro l’attuale 30%).

Dal Belpaese alla Cina (secondo gli ultimi dati rilasciati dalla National Energy Administration (NEA) cinese, ripresi dalla Reuters, emerge che nel 2023 Pechino ha accresciuto la sua capacità totale installata di energia solare di 216,9 GW, una cifra superiore al totale della capacità degli USA, pari a 175,2 GW e che supera il record di 87,4 GW del 2022. Su base annua, si tratta di un incremento del 55,2%). La stessa Cina viaggia spedita anche in materia di centrali solari orbitali, puntando su un approccio che potrebbe rappresentare un punto di svolta per valicare le attuali limitazioni “terrestri”.

Quali prospettive per le centrali solari orbitali

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Xidian ha infatti pubblicato uno studio che apre le porte a nuove prospettive per le centrali solari orbitali. Il principio è quello di utilizzare pannelli solari nello Spazio che convertano la luce in energia elettrica, poi inviata sulla Terra mediante un fascio di microonde a un ricevitore sviluppato ad hoc. La ricerca, che rientra in una più ampia iniziativa spaziale di Pechino, fa leva sull’innovativo sistema “Omega-SSPS” – il titolo per esteso è “On the Innovation, Design, Construction, and Experiments of Omega-Based SSPS Prototype: The Sun-Chasing Project” –, i cui dettagli sono visibili sulla piattaforma Science Direct.

Ciò che viene proposto, è un innovativo sistema (Omega Space Solar Power Plant o, appunto, Omega-SSPS) sul funzionamento delle future centrali solari orbitali. Questo permette di acquisire dati di partenza che “introducono” alla costruzione delle soluzioni da lanciare in concreto nello Spazio, con il duplice vantaggio di velocizzare lo sviluppo e limitare i costi. Dettagliando, il sistema prevede hardware per simulare la strumentazione nonché modelli teorici volti all’ottimizzazione del sistema stesso. Dai primi dati sperimentali emerge, per le centrali solari orbitali, il raggiungimento dell’87,3% di efficienza nella raccolta del fascio di microonde e un’efficienza complessiva DC-DC del 15,05%, una frequenza di 5,8 GHz, una distanza tra trasmettitore e ricevente di 55 metri, una potenza trasmessa di 2081 W.

Soluzioni applicabili nel lungo periodo

C’è poco da aggiungere: l’idea delle centrali solari orbitali, pertanto di poter raccogliere l’energia direttamente dallo Spazio senza le “limitazioni” della Terra, rivoluzionerebbe il comparto energetico nei decenni a venire. Fermo restando i primi risultati confortanti della ricerca condotta a Xidian, il percorso per l’operatività è però ancora lungo e complesso.

Parliamo infatti di un progetto che presenta diverse sfide tecniche da affrontare (e vincere): dalla sicurezza del fascio di microonde all’ottimizzazione dell’efficienza energetica. Certo, tra i benefici principali di un impianto di questo tipo c’è il fatto che l’energia solare potrebbe essere raccolta 24 ore su 24 e circa 365 giorni all’anno (ci sono infatti dei momenti di standby che si verificano nel corso delle eclissi solari e degli equinozi).

Tornando sulla Terra, il report Frazer-Nash Consultancy (società di consulenza aziendale) che fa capo al progetto britannico da 16 miliardi di sterline fa presente che una centrale solare orbitale, per essere ritenuta efficiente, deve disporre di una navicella spaziale con un diametro di 1,7 chilometri e un peso di 2.000 tonnellate. Tradotto: circa quattro volte quello della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), l’imponente laboratorio che “galleggia” nello Spazio, muovendosi attorno alla Terra ad un’altezza di 400 Km e ad una velocità di 28.000 chilometri l’ora.

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