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Energia solare spaziale, il progetto Solaris dell’Esa. Enel: “Obiettivo 100MW entro il 2035”

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L’intervista a Nicola Rossi, Responsabile Innovazione del Gruppo Enel, sull’energia solare spaziale e il suo trasporto sulla Terra. La grande centrale di raccolta dell’energia generata dai pannelli solari in orbita nello spazio potrebbe essere nel mediterraneo. La road map europea si pone l’obiettivo di arrivare a produrre in orbita 1 Megawatt entro il 2030 e 100 Megawatt nel 2035.

Progetto Solaris, il contributo del Gruppo Enel

Generare energia pulita direttamente nello spazio ed utilizzarla qui sulla Terra. Non è un tema di fantascienza, ma pura realtà. Il progetto “Solaris” dell’Agenzia spaziale europea mira proprio a questo: realizzare nello spazio delle centrali solari a 36.000 km dalla superficie terrestre, su un’orbita geostazionaria, cioè un’orbita circolare, attorno all’Equatore, che coincide con il periodo di rotazione della Terra, in grado di trasmettere a noi energia fotovoltaica pronta all’uso o per i sistemi di accumulo.

I pannelli sarebbero sempre esposti al Sole, producendo così energia praticamente a tutte le ore del giorno e in tutte le stagioni, a eccezione di pochi giorni l’anno, nel periodo degli equinozi (il passaggio dall’inverno alla primavera e poi dall’estate all’autunno), a causa del cono d’ombra generato dalla Terra.

Al progetto partecipa anche il Gruppo Enel, grazie alla sua competenza sulla tecnologia fotovoltaica, sulle reti di distribuzione e sullo storage e, quindi, nel complesso, nella realizzazione di grandi impianti di produzione da fonti rinnovabili e la conseguente gestione dell’energia prodotta. Enel ha contribuito alla definizione preliminare dei potenziali modelli di business e nella definizione dei dimensionamenti degli impianti in orbita, oltre a dare le linee guida di base per l’installazione delle stazioni di ricezione dell’energia proveniente dallo spazio.

Intervista a Nicola Rossi, Responsabile Innovazione del Gruppo Enel

Gli obiettivi del progetto Solaris

Per entrare nel cuore dell’argomento abbiamo chiesto a Nicola Rossi, Responsabile Innovazione del Gruppo Enel, in cosa consiste nello specifico il Progetto Solaris e cosa si intende per energia solare spaziale.

Solaris è il programma lanciato dall’Esa che ha l’obiettivo di valutare se sia fattibile, sotto il profilo tecnico ed economico, produrre energia solare nello spazio, a 36 mila chilometri dalla terra, per trasferirla sul nostro pianeta attraverso una tecnologia wireless basata su microonde indirizzate verso grandi antenne riceventi per poi essere riconvertita in elettricità e convogliata sulla rete elettrica. La grande centrale di raccolta dell’energia generata dai pannelli solari in orbita nello spazio potrebbe essere nel mediterraneo. La Spagna potrebbe avere le caratteristiche per ospitare una prima stazione di ricezione; sono allo studio anche soluzioni dentro grandi insediamenti produttivi dismessi. La road map europea si pone l’obiettivo di arrivare a produrre in orbita 1 Megawatt entro il 2030 e 100 Megawatt nel 2035”, ci ha spiegato Rossi.

Le sfide da affrontare nel generare energia solare nello spazio

Come anticipato, Enel è parte integrante del progetto Solaris e sono diverse le sfide da affrontare. Rossi ha precisato che il Gruppo “ha messo a disposizione del progetto le sue competenze tecnologiche in ambito energetico. Le sfide consistono nel ridurre il peso, diminuire i costi e aumentare l’efficienza energetica dei pannelli fotovoltaici spaziali; identificare nuovi sistemi di storage utili soprattutto nei brevi periodi di ombreggiamento dell’impianto di generazione in orbita da parte della terra e infine progettare e sistemi di trasmissione efficienti e affidabili e centrali di ricezione sulla terra in grado di raccogliere e trasformare l’energia trasmessa dallo spazio nella forma di micro-onde in elettricità che possa arrivare nelle case delle persone”.

All’attuale valutazione di fattibilità preliminare, seguirà la fase di ottimizzazione e scale-up dell’integrazione delle varie tecnologie in grandi stazioni di generazione in orbita e di ricezione sulla terra e la verifica della sostenibilità economica dell’intera infrastruttura, ha detto il Responsabile Enel.

Fotovoltaico di nuova generazione

Certo i pannelli solari che usiamo qui sulla Terra non sono gli stessi da impiegare nello spazio: “Lo studio e l’ideazione di pannelli solari per applicazioni spaziali ad elevata prestazione, alta efficienza e a costi competitivi è uno dei principali obiettivi del progetto: attualmente, infatti, il peso di un pannello fotovoltaico terrestre si aggira attorno ai 15 kg per metro quadro e risulta troppo elevato per applicazioni spaziali a costi competitivi. Motivo per cui la progettazione dovrà prevedere l’utilizzo di materiali ultraleggeri e celle multi-giunzione in grado di portare l’efficienza energetica della cella al 40%. Infine, il problema della sostenibilità economica: al momento sono da verificare l’efficienza a la fattibilità della trasmissione dell’energia dallo spazio alla terra e risultano ancora alti i costi dei pannelli solari ad uso spaziale, che si aggirano attorno ai 100 euro per watt contro i 15 centesimi per watt del fotovoltaico a terra. Una delle sfide del progetto è quindi anche quella di progettare pannelli solari per applicazioni spaziali a costi competitivi, come richiede il bando di Esa”.

L’energia solare spaziale ci consentirebbe comunque di migliorare sensibilmente la capacità delle rinnovabili sul nostro pianeta, in particolare del fotovoltaico.

Superare nello spazio il problema della discontinuità delle fonti rinnovabili

La produzione di energia solare in orbita sarebbe in grado di superare il problema della discontinuità delle fonti rinnovabili, poiché nello spazio l’irraggiamento è continuo a differenza di quanto avviene sulla terra dove la luce solare è disponibile solo di giorno. Tuttavia, ci sono sfide tecnologiche aperte, ad esempio quella della trasmissione dell’energia prodotta nello spazio sulla terra in modo efficiente ed affidabile ed è necessario confermare costi e sostenibilità economica di questo approccio”, ha proseguito Rossi.

Molte delle tecnologie che si sviluppano per la costruzione e l’esercizio da remoto degli impianti nello spazio potrebbero, inoltre, avere ricadute anche sugli stessi processi sulla terra, come già accaduto in molti casi in passato. La stessa tecnologia fotovoltaica – ha aggiunto il Responsabile Enel – è stata per la prima volta applicata sulla navicella spaziale Vanguard I nel 1958 e si è poi evoluta trovando ampia applicazione anche sulla terra, diventando una delle maggiori tecnologie pulite e sostenibili a supporto della transizione energetica”.

Energia solare spaziale, si stimano 36 miliardi di dollari di investimenti mondiali entro dieci anni

Tutti temi centrali non solo per il futuro della transizione energetica nello spazio, ma soprattutto qui sulla Terra, che deve affrontare subito il problema di come decarbonizzare le nostre attività più energivore e inquinanti

Un nuovo studio di Juniper Research stima che gli investimenti mondiali nell’energia solare spaziale (space-based solar energy) passeranno dai 370 milioni di dollari attesi per la fine del 2024 a 36,1 miliardi di dollari entro il 2035.

Entro i prossimi dieci anni si raggiungerà una produzione netta di energia elettrica pari a 43,400 TWh. Un aumento guidato dalla necessità diffusa e imperante di offrire energia di base generata da fonti rinnovabili.

Giornalista

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