Le tradizionali celle solari sono costituite dal silicio, ma queste tecnologie richiedono una grande quantità di energia per essere prodotte. Sta però emergendo un’alternativa: l’utilizzo della perovskite.
Come sostituire le celle solari al silicio
Le celle solari al silicio sono ormai consolidate, considerando anche che si tratta del secondo elemento chimico più abbondante del pianeta. Il problema è che, la sua estrazione e lavorazione, comporta dei costi economici non indifferenti, che dipendono dal suo grado di raffinatezza.
Inoltre, questi sistemi richiedono molta energia, e anche se fosse possibile produrne una quantità sufficiente a coprire il fabbisogno globale, ci si potrebbe ritrovare in una situazione di scarsità totale da qui al 2050.
Come sostituirle dunque? C’è una nuova classe di celle solari che sta emergendo di recente e che sarebbe in grado di eguagliarne le stesse prestazioni, se non addirittura migliorarle. Si tratta di tecnologie alla perovskite, molto più economiche e con le quali è possibile ottenere delle celle completamente stampabili con degli inchiostri speciali.
Cosa è la perovskite
La perovskite è un minerale dalle molteplici proprietà, sia ottiche che elettroniche, che lo rendono perfetto per la realizzazione di celle solari e altre applicazioni.
I sistemi costruiti con l’utilizzo di questo materiale sono apparsi per la prima volta nei laboratori di ricerca nel 2012, catturando l’attenzione di tantissimi esperti soprattutto per due fattori, che lo rendono unico ed efficiente: la capacità di convertire la luce solare in elettricità e dar vita a impianti green con una combinazione di inchiostri.
SI tratta però di innovazioni ancora in fase di sperimentazione, e dunque non disponibili su scala commerciale.
La scoperta degli scienziati dell’Università di Swansea
Alcuni scienziati dell’Università di Swansea, in Galles, hanno scoperto che in queste nuove celle solari, per ottenere efficienze record, gli strati di semiconduttore e perovskite devono essere estremamente sottili, tra i 50 e i 500 nanometri.
Inoltre, non bisogna utilizzare inchiostri tossici, come avveniva anni fa, ma si possono adoperare quelli senza solventi e compatibili con il processo di rivestimento delle lastre, una tecnica industriale ormai consolidata per la produzione di pellicole fotografiche.
Lo strato di perovskite stampato genera elettroni liberi grazie all’elettricità fornita dalla luce che lo colpisce, ma il problema che si sono sempre posti i ricercatori fino ad oggi era come estrarre la carica elettrica.
In passato, si scaldava l’oro fino a farlo evaporare, ma gli esperti dell’Università di Swansea hanno invece elaborato un metodo diverso, creando un inchiostro compatibile sia con il materiale di perovskite che con il processo di rivestimento. Il risultato è stato straordinario: grandi volumi di celle solari flessibili e arrotolabili, che escono dalla macchina da stampa e sono pronte a produrre energia.
Le celle solari di perovskite hanno dunque dimostrato elevate prestazioni nei laboratori di ricerca, garantendo un’elevata efficienza di conversione dell’energia. Bisogna però incrementare gli studi su questo materiale, per migliorarne i risultati e scoprirne nuove proprietà performanti.