Il gruppo Aramco, prima società al mondo per la produzione di idrocarburi controllata dal governo dell’Arabia Saudita, vuole sospendere lo sviluppo di nuovi giacimenti petroliferi. Shell invece ha annunciato che chiuderà i suoi distributori di idrogeno per auto in California. Quali le ragioni dietro tali decisioni?
Addio al petrolio
L’Arabia Saudita è pronta a dire addio al petrolio in modo graduale, rinunciando all’idea di aumentarne la produzione. Aramco, prima compagnia petrolifera al mondo, manterrà infatti la sua capacità a 12 milioni di barili al giorno, senza portarla a 13 milioni come si era ipotizzato precedentemente.
A comunicarlo è la stessa società statale, annunciando anche che l’intenzione del ministro dell’Energia del Paese arabo, Abdulaziz bin Salman, è puntare sulle rinnovabili per garantire la sicurezza energetica. Si tratta di certo di una presa di posizione molto forte da parte della monarchia saudita, attualmente primo produttore di petrolio a livello globale.
Un ‘futuro post-petrolifero’
Si parla infatti adesso di un ‘futuro post-petrolifero’ per la Nazione, nonostante, secondo gli analisti, tale decisione non avrà effetti immediati sulla produzione o sull’export. Le conseguenze di questo ‘cambio di rotta’ non saranno infatti visibili nel breve termine, e chissà se davvero questa decisione porterà lo Stato a intraprendere un nuovo percorso più sostenibile.
In teoria, l’Arabia Saudita vorrebbe raggiungere 130 GW di energia pulita entro il 2030, portando avanti più di 80 iniziative nel settore sia pubblico che privato e aggiungendo ogni anno 20 GW, con investimenti che sfiorano quasi i 200 miliardi di euro.
L’ambizione poi è quella di affermarsi come hub delle rinnovabili per il Medio Oriente, con una capacità di generazione solare più che triplicata nel 2023, e con il desiderio esportare ciò che viene prodotto anche al di fuori dei confini nazionali, fino 150 GW di elettricità verde.
Grandi potenzialità soprattutto per il fotovoltaico
Tuttavia, nonostante nel Paese ci siano grandi potenzialità soprattutto per il fotovoltaico, rimangono ancora troppe difficoltà da superare, e di questo si è discusso a inizio febbraio a Riyadh, in occasione della conferenza SunRise Arabia organizzata da Solarabic e pv magazine.
In particolare, gli oratori del dibattito hanno sottolineato che il Regno dispone al momento di quasi 8 GW di capacità rinnovabile connessa alle sue reti, ma che nonostante le buone intenzioni mancano delle politiche adatte a sostegno delle FER, come finanziamenti a basso costo che potrebbero contribuire a stimolare la domanda.
E sull’idrogeno?
Per quanto riguarda idrogeno e Arabia Saudita, nell’ultima sessione della conferenza a Riyadh è emersa l’ambizione del Paese di diventare un attore chiave anche per la futura economia green dell’H2.
Il problema però è che non è ancora chiaro come poter soddisfare tale obiettivo. Forse riconvertire le attuali infrastrutture esistenti per il petrolio e il gas sarebbe un buon punto di partenza, ma anche questo sarà da valutare.
Shell sta chiudendo i propri impianti
Nel frattempo Shell sta chiudendo i propri impianti di distribuzione di H2 per auto in California, lasciando però aperti quelli per il rifornimento di mezzi pesanti. La motivazione? Non ci sono abbastanza ritorni economici né incentivi che possano sostenere una crescita del vettore.
Ma la società non perde le speranze, ed è per questo che preserverà il presidio sui distributori ancora aperti credendo in un ulteriore sviluppo della tecnologia.
Le altre ragioni di tale decisione riguardano poi problemi di approvvigionamento e inaffidabilità a lungo termine degli impianti esistenti, costosi da mantenere e complessi da gestire. Il combustibile dunque sta facendo un po’ fatica a decollare, e non solo negli Usa. Tutto questo, crea sempre più dubbi e domande su quello che sarà il reale utilizzo futuro dell’idrogeno, in particolare per i veicoli leggeri.