L’energia sempre al centro degli interessi globali. Il prezzo del petrolio di nuovo ai massimi da 10 mesi a questa parte. Quale sarà l’impatto degli incrementi di prezzo sull’inflazione? E le conseguenze per famiglie e imprese?
Cresce la domanda di petrolio in tutto il mondo
La domanda di petrolio a livello globale è attesa in lieve crescita per l’anno in corso a 2,4 milioni di barili al giorno. Nel mercato Ocse potrebbe aumentare di circa 100 mila barili, nel resto del mondo invece le stime sono ben maggiori, attorno a 2,3 milioni di barili al giorno, secondo l’ultimo bollettino mensile Opec.
Secondo quanto riportato dall’Ageei, inoltre, la domanda mondiale di petrolio crescerà ulteriormente di 2,2 milioni di barili al giorno entro la fine del 2024. Anche qui, nel dettaglio, nei mercati Ocse la crescita dovrebbe attestarsi attorno ai 300 mila barili giornalieri, mentre nel resto del mondo siamo a quasi 2 milioni di barili al giorno.
A sostenere maggiormente la crescita della domanda pesano e peseranno di più Cina, India, Medio Oriente e diversi Paesi asiatici.
Una crescita che non è solo relativa ai produttori sotto la bandiera Opec, ma anche ad altri produttori, come Stati Uniti, Brasile, Norvegia, Kazakistsan e la Stessa Cina. Questi Paesi potrebbero far crescere la domanda a 1,6 milioni di barili giornalieri per il 2023 e 1,4 milioni per il 2024.
Aumenta anche il prezzo
Oltre questi dati relativi alla crescita dei consumi di petrolio a livello planetario, c’è da registrare anche un incremento del prezzo del Brent, che da fine giugno non accenna a fermarsi.
Oggi, stando ai dati riportati dal Sole 24 Ore, il valore di petrolio per barile ha guadagnato un +1,3%, pari a 1.14 dollaro statunitense, a 88.77 dollaro statunitense.
Secondo il quotidiano economico siamo di nuovo ai massimi da 10 mesi a questa parte, con il mercato che prezza lo squilibrio tra aumento della domanda e riduzione dell’offerta.
“Una chiusura settimanale del Brent oltre i 95 dollari aprirebbe lo spazio a un’accelerazione potenziale verso area 100 dollari”, hanno spiegato gli analisti di Mps.
La produzione di shale oil negli Stati Uniti, hanno sottolineato gli analisti di ActivTrades, è di 9 milioni di barili al giorno, il livello più basso da maggio. “Se a questo si aggiungono i tagli alla produzione dell’Opec+ per sostenere il mercato, i rischi, in questa fase, sono per eventuali ulteriori aumenti che potrebbero riportare i prezzi sopra i 100 dollari”, si legge in una nota Radiocor Sole 24 Ore.
Un nuovo boost all’inflazione?
Da non sottovalutare inoltre l’impatto di questo aumento dei prezzi del petrolio a barile sull’inflazione. In un articolo di Gianluca Ungari di Ventobel per Radiocor si spiega: “Il petrolio e’ salito notevolmente negli ultimi tempi a causa di uno squilibrio tra l’aumento della domanda annuale e la contrazione dell’offerta, dato che l’economia globale e’ ancora alle prese con il soddisfacimento dell’eccesso di domanda post-pandemia e con un forte consumo. Nonostante i vari venti contrari all’economia, come l’aumento dei tassi d’interesse e l’inflazione, molte economie hanno registrato un’attivita’ robusta che alimenta la domanda di petrolio e prodotti petroliferi. Allo stesso tempo, l’OPEC+ ha limitato l’offerta riducendo la produzione per sostenere il mercato contro possibili flessioni e tagli dei tassi di crescita che molti Paesi dovranno affrontare nei prossimi mesi, in quanto gli effetti della politica monetaria continuano ad accumularsi”.
“Il petrolio potrebbe effettivamente rappresentare una minaccia per le tendenze disinflazionistiche a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi, considerando che e’ stata proprio la componente energetica a contribuire maggiormente alla disinflazione negli ultimi mesi”, ha precisato Ungari.