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Meno petrolio per Cina e India, si rimodulano i prezzi della materia prima

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Come gli ultimi condizionamenti in materia di politica energetica, deliberati da Pechino e Nuova Delhi, hanno influenzato direttamente i mercati internazionali.  

Luglio 2024, per l’Asia, ha segnato il record negativo nelle importazioni di petrolio, con il focus posto sugli ultimi ventiquattro mesi. Una traiettoria, che si è proiettata sui mercati globali, nei quali il prezzo della materia prima è praticamente ristagnato. 

Le “cause” – per quanto su presupposti differenti – sarebbero attribuibili alle esigenze dell’India e della Cina, insieme fulcro della macroregione asiatica, quadrante pivotale delle relazioni geo-economiche internazionali.

Se in India, però, il rallentamento dell’import potrebbe derivare dalla contrazione della domanda di greggio legata alla stagione dei monsoni, la questione ‘sinica’ avrebbe altri connotati. Più che il presunto rallentamento dell’economia, infatti, a destare preoccupazioni sono le incertezze connesse alla crisi immobiliare cinese. 

Questione di numeri

Confronti e ipotesi a parte, un riscontro più diretto è quello della portata dei numeri. Secondo la Reuters – che ha ripreso delle elaborazioni di LSEG Oil Research – lo scorso Luglio sarebbero arrivati in Asia 24.88 mln di barili di petrolio giornalieri (bpd), il 6.1% in meno rispetto al mese precedente.

Allargando invece la finestra temporale all’arco Gennaio-Luglio 2024, la media di 26.78 mln di bpd è equivalsa ad una diminuzione di 340.000 di bpd, se paragonata ai primi sette mesi del 2023. L’influsso minore della domanda sino-asiatica ha portato al rallentamento dei prezzi sui mercati internazionali. 

Tutto questo – senza affrontare in questa sede gli investimenti che entrambi gli Stati stanno portando avanti nel settore delle rinnovabili – al netto delle tensioni geopolitiche correnti o del recente calo delle scorte commerciali di greggio negli Stati Uniti d’America.

Quali specificità

Quanto alla specificità degli attori in campo, l’oscillazione ciclica indiana non avrebbe un impatto, in termini di valori assoluti, dunque sarebbe potenzialmente meno complessa da assorbire. In effetti, il Paese è il terzo importatore e consumatore di petrolio al Mondo, per oltre l’80% del suo fabbisogno.

Dall’altro lato, è la Cina a catalizzare le attenzioni. “L’economia cinese si è espansa del 4,7% su base annua nel secondo trimestre del 2024, mancando le previsioni di mercato del 5,1% e rallentando in relazione alla crescita del 5,3% del primo trimestre”, ha rimarcato Trading Economics. C’è poi soprattutto la crisi immobiliare a tenere banco.

Contestualmente, comparando Giugno 2023 e Giugno 2024, le importazioni di greggio in Cina hanno toccato quota meno 11%, spingendo le raffinerie ad abbassare i ritmi produttivi. Bloomberg ha calcolato che la domanda ‘apparente’ di petrolio sia calata – in un anno – dell’8,1% totale. 

Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia nel suo ultimo rapporto sul tema, ha voluto rimarcare come la contrazione dell’impulso cinese stia inibendo la domanda globale della materia. Una debolezza – quantomeno se raccordata con la situazione indiana – che potrebbe avere delle ripercussioni nel breve periodo.

Mentre gli analisti e gli esperti continuano ad interrogarsi, sarà soltanto il tempo – pure alla luce dell’evoluzione dei diversi conflitti in atto – a definire una eventuale inversione di rotta. Con tutte le ricadute del caso, non ultime quelle che si rifletteranno anche sull’Europa.

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