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Aramco vuole acquisire il 10% di una società petrolchimica cinese. E che fine fanno gli obiettivi green?

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Arabia Saudita sempre più centrata sulle fonti fossili. Il gigante petrolifero Aramco sta valutando l’idea di acquisire una partecipazione del 10% in Hengli Petrochemical Co, società petrolchimica cinese. L’obiettivo? Incrementare la propria presenza in uno dei mercati più importanti al mondo.

La posizione dell’Arabia Saudita

Su quella che è effettivamente è la posizione dell’Arabia Saudita per quel che riguarda la transizione energetica, i quesiti aumentano ma le risposte sembrano essere più chiare.

Nonostante tutte le intenzioni green del Paese, come quella di voler convertire alcuni impianti estrattivi del carburante fossile in siti per la scissione del litio dall’acqua, o produrre 130 GW di elettricità pulita al 2030, le decisioni prese portano sempre più verso una strada totalmente opposta alla decarbonizzazione.

Il più grande Stato arabo dell’Asia occidentale, vorrebbe distribuire 9,5 GW di energia verde entro i prossimi 3 anni, ma tutti questi punti fissati nella Vision 2030 stanno passando in secondo piano con le ultime mosse della più importante compagnia petrolifera nazionale, Aramco.

Crescere nel mercato cinese

La società vuole crescere nel mercato cinese per affermare sempre più la propria posizione da leader a livello internazionale, cercando di arricchirsi sempre di più sul petrolio, e aumentando anche i prezzi del greggio nel mese di maggio di 0,3 dollari al barile, piuttosto che tentare nuove strade per rendere più sostenibili le proprie attività.

L’ambizione infatti è acquisire una partecipazione del 10% dell’azienda petrolchimica cinese Hengli Petrochemical Co, con un Memorandum d’Intesa (MoU) firmato di recente per garantire accordi di fornitura di combustibile greggio a lungo termine.

Non è la prima volta

Ma non è la prima volta che Saudi Aramco esplora nuove possibilità di sviluppo nei mercati principali. Lo scorso anno infatti, ha completato l’acquisto di una partecipazione del 10% in Rongsheng Petrochemical, con sede sempre in Cina, per l’equivalente di 3,4 miliardi di dollari.

Ma così facendo verso dove andremo? Di certo non verso la transizione, ancora più complessa in questi Paesi fortemente dipendenti, soprattutto a livello economico, dai carburanti inquinanti. Eppure l’Europa dei passi importanti li sta già facendo in ambito green.

Per Riyad invece, la sfida sarà costruire un percorso che tenga insieme interessi nazionali, il ruolo da leadership tra i produttori del Golfo, e la necessità prima o poi di un cambiamento, anche se tal centro di innumerevoli ambiguità.

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