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Small Modular Reactor da €9 mld negli USA. L’Italia può permetterselo? L’interrogazione

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Un reattore nucleare modulare negli Stati Uniti è arrivato a costare 9 miliardi di euro. A dispetto di quanto il MASE continua a dichiarare, gli small modular reactor a cui il PNIEC 2030 offre una via d’ingresso nel Bel Paese, potrebbero avere un costo troppo elevato per le aziende. La questione sollevata in Parlamento.

L’interrogazione parlamentare

Non si arresta il dibattito sul nucleare nato dall’inserimento della fonte energetica nel nuovo PNIEC 2030, il Piano Nazionale Integrato per l’ Energia e il Clima, inviato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a Bruxelles il mese scorso. Sono i Verdi (AVS), stavolta, a contestare la scelta del Titolare dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin di proseguire nel percorso di decarbonizzazione anche attraverso la produzione di energia nucleare. Quello che di più accende la discussione sulla reintroduzione dell’energia dell’atomo nel mix energetico italiano, oltre al freno che quest’ultima imporrebbe alle FER e ai noti pericoli di contaminazione ambientale, è l’impatto economico per imprese e cittadini. 

I possibili costi del nucleare

Al centro dello scambio tenutosi in Parlamento tra il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin e Angelo Bonelli, deputato alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra, c’è il costo dei cosiddetti “small modular reactor”. Si tratta di reattori di dimensioni contenute, ma pur sempre basati sul sistema della fissione nucleare, con, in media, una capacità di massimo 300 MW, circa un terzo della capacità di generazione dei tradizionali reattori nucleari. 

A fronte delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro, circa l’importanza di garantire costi energetici inferiori alle imprese italiane al fine di renderle più competitive negli scenari internazionali, AVS ha riportato le ingenti spese che sia il governo americano, sia quello inglese, hanno dovuto sostenere per attivare progetti di small modular reactors

Più nel dettaglio, è stato sottoposto all’attenzione del Ministro il fatto che, all’estero, molti di questi esperimenti sono stati interrotti proprio perché estremamente costosi. Negli USA, ad esempio, un impianto da 460 megawatt è arrivato a costare 9 miliardi di euro, ha evidenziato Bonelli. Un altro caso degno di nota è costituito da Hinkley Point, in Inghilterra, che costerà 120 euro a megawatt/ora. 

Ipotesi nucleare al 2050

In sintesi, sulla base delle dichiarazioni del question time alla Camera, sembra che l’operazione nucleare porterà a quadruplicare il costo dell’energia. Tuttavia, la posizione del MASE, a detta del titolare del Dicastero, si attiene ai dati di input inseriti dalla società RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) in collaborazione con Terna, nell’elaborazione degli scenari energetici ed elettrici contenenti l’ipotesi nucleare al 2050.  

Le analisi di costo sono state fornite dalla Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile” ha dichiarato il Ministro. In particolare, sarebbero stati esaminati i costi in termini di energia, di sistema, di sicurezza degli approvvigionamenti, di tenuta e sviluppo della rete elettrica, di possibilità di cogenerazione, nonché di integrazione con la quota sempre crescente di rinnovabili non programmabili.

In uno scenario espansivo, ossia di ampliamento dei siti nucleari sul territorio nostrano, il dato riferito è la soddisfazione del 22% della richiesta elettrica nazionale, un numero ricavato dalla valutazione di costo, disponibilità, integrazione con  altre fonti di energia e durata di vita degli impianti. Dove risiede quindi la verità?

Cosa cambia rispetto ai reattori di prima generazione

Gli small modular reactors, a differenza dei reattori tradizionali, che non venivano progettati con ipotesi di smantellamento, consentono, sulla base della modulabilità in fase realizzativa, un più semplice smantellamento dei componenti più rilevanti dell’impianto e una possibilità di gestione centralizzata. Questo consentirebbe un maggior controllo sull’intero processo di gestione dei materiali e dunque più qualità nella produzione di manufatti di rifiuti radioattivi. 

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