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KStar – “il sole artificiale”, nuovo record coreano: 100 milioni di gradi per 48 secondi

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Negli ultimi anni i maggiori centri di ricerca mondiali sulla fusione nucleare hanno raggiunto e superato diversi record di generazione di energia elettrica. L’ultimo arriva dalla Corea del Sud. Obiettivo del Kfe è arrivare a 100 milioni di gradi centigradi per almeno 300 secondi entro il 2026. I test di Oxford e la sperimentazione al Centro ricerca Enea di Frascati.

Il dispositivo Kstar ha sostenuto plasma a 100 milioni °C per 48 secondi (precedente record 30 secondi)

Energia da fusione nucleare sempre più vicina. È la grande aspettativa di università, centri di ricerca, industria e gli stessi Governi di mezzo mondo. Secondo quanto comunicato dall’Istituto per l’energia da fusione della Corea del Sud, il Kfe, tra dicembre 2023 e febbraio 2024, il dispositivo Kstar, anche conosciuto come “sole artificiale”, è riuscito a sostenere il plasma a temperature superiori ai 100 milioni di °C per un tempo record di 48 secondi.

Nella modalità a confinamento elevato, nella quale il plasma ha un tempo di confinamento energetico maggiore, è stata raggiunta una durata di 102 secondi (più di 7 volte la temperatura del nucleo del sole).

Battuto così il precedente test di successo, che arrivò a 30 secondi.

Arrivare a 300 secondi entro il 2026

L’obiettivo che i ricercatori Kfe si sono posti per il sole artificiale è di arrivare a sostenere il plasma a 100 milioni di gradi centigradi per almeno 300 secondi entro il 2026.

I test incorso in Corea del Sud serviranno ad accelerare lo sviluppo del reattore sperimentale termonucleare internazionale in fase di progettazione nel Sud della Francia, anche conosciuto come “Iter”, il più grande tokamak del mondo che se tutto andrà bene segnerà un passa storico in avanti nell’energia da fusione.

Il tungsteno materiale chiave

Faremo il nostro meglio per assicurare la disponibilità delle tecnologie essenziali sia per Iter, sia in futuro per Demo“, ha detto il presidente del Kfe, Suk Jae Yoo, riferendosi ai futuri reattore sperimentali a fusione, il primo in fase di costruzione appunto in Francia, a Cadarache, e il secondo destinato a succedergli.

A fare la differenza, secondo un’agenzia Ansa, è il nuovo materiale, il tungsteno, utilizzato per sostituire i divertori, ossia le parti interne della struttura a forma di ciambella (il tokamak) sulle quali viene deviato il plasma. Il materiale è lo stesso utilizzato nel reattore Iter.

Il Divertor Tokamak dell’Enea e il test di Oxford

Il tungsteno è anche il materiale scelto per la macchina Dtt, il Divertor Tokamak Test in costruzione nel centro di ricerca dell’Enea a Frascati e che dovrebbe entrare in funzione intorno al 2029

Un’energia, lo ricordiamo, che tra qualche anno potrebbe regalarci energia rinnovabile e pulita potenzialmente infinita. La Roadmap europea verso l’elettricità da fusione prevede per la seconda metà del secolo la realizzazione del primo reattore che immetta energia elettrica nella rete.

A febbraio di quest’anno, vicino alla città inglese di Oxford, gli scienziati hanno annunciato di aver stabilito un record di produzione di energia da reazione di fusione. Hanno prodotto 69 megajoule di energia di fusione per cinque secondi, più o meno sufficienti ad alimentare 12.000 case per lo stesso periodo di tempo.

Come avviene la fusione

Per ottenere la reazione di fusione, il plasma di idrogeno deve esser confinato in uno spazio limitato: nel sole (che ha una temperatura interna di 14 milioni di gradi) questo si verifica ad opera delle enormi forze gravitazionali in gioco.

Il tokamak è un esempio di recipiente per il plasma: è un dispositivo di forma toroidale caratterizzato da un involucro cavo, la “ciambella”, in cui il plasma è confinato mediante un campo magnetico con linee di forza a spirale.

Per ottenere in laboratorio la fusione controllata, con un bilancio energetico positivo è necessario riscaldare un plasma di deuterio-trizio a temperature molto più alte (100 milioni di gradi), mantenendolo confinato in uno spazio limitato per un tempo sufficiente a che l’energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite, sia l’energia usata per produrlo.

Uno dei possibili impieghi futuri di questo tipo di energia potrebbe essere nell’industria aerospaziale, per alimentare i propulsori elettrici dei veicoli spaziali.

Giornalista

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