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Il futuro di Orano in Niger potrebbe condizionare il nucleare francese

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Complici le tensioni tra il Niger e il Benin, l’Orano ha sospeso le produzioni di uranio nel primo dei due Paesi e le difficoltà finanziarie sopraggiunte potrebbero riflettersi sul nucleare francese.

La sospensione delle attività in Niger dell’Orano, complici le tensioni tra Niamey e il Benin (o tra lo stesso Niger e la Francia), potrebbero ripercuotersi sulla stabilità della multinazionale francese dell’uranio. Un metallo, di per sé, dall’offerta particolarmente volatile. In particolare, però, come ha scritto la Reuters, a preoccupare sono le condizioni finanziarie della SOMAÏR (di cui l’Orano possiede il 63,4%).

Conseguentemente, l‘intero comparto del nucleare transalpino sta monitorando l’evoluzione della situazione in Africa Occidentale. La Francia, infatti, al 2023 produceva il 64,2% della propria elettricità dal nucleare (dati IEA). Dunque, sulle relazioni con il Continente africano ha strutturato una parte fondamentale della propria economia.

Il Niger è uno dei principali produttori di uranio al Mondo, con una quota di mercato globale che nel 2019 ha raggiunto il 5,5%. Attualmente, secondo le analisi della World Nuclear Association, Niamey si è assestato dopo Kazakistan, Canada, Australia e Namibia.

L’importanza degli equilibri politici

Tuttavia, con la salita al potere dei militari nel 2023, almeno in parte alcuni equilibri geoeconomici regionali starebbero mutando. Questo, considerando che in Burkina Faso (2022) e in Mali (2021) ci sono stati degli analoghi cambi di Governo.

Il Niger, infatti, sta contribuendo al clima commerciale per le aziende internazionali nel Paese, dopo aver imposto il ritiro delle truppe francesi presenti in loco. Tant’è che ha cominciato a rivolgere lo sguardo verso la Turchia e la Russia. Parigi non ha riconosciuto le autorità attualmente in carica e senza una distensione diplomatica tra i due Stati, anche il mercato dell’uranio ne risentirà.

A Giugno, la giunta militare aveva ritirato alla stessa Orano la licenza per lo sfruttamento della miniera di Imouraren. L’impossibilità di continuare a valorizzare il sito – uno dei più grandi depositi globali di uranio – avrebbe causato una perdita di 133 mln di Euro, ‘solamente’ nella prima metà dell’anno.

Sulla base di questi presupposti, la Francia potrebbe dover riconsiderare le sue più importanti catene di approvvigionamento. Un fattore, quest’ultimo, in grado di incidere anche sulla competitività del nucleare. In tale ottica si potrebbe allora rilegittimare il dibattito sul suo effettivo valore aggiunto.

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