L’elezione di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti potrebbe avere un impatto devastante sulle politiche energetiche americane, incluso l’idrogeno. La prospettiva di una modifica normativa relativamente al settore di questo vettore energetico è fonte di estrema incertezza per gli operatori del comparto, che negli States ipotizzano una possibile evoluzione verso la variante blu.
Incognite per il futuro dell’idrogeno
Che l’elezione di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti possa influenzare in modo significativo le politiche energetiche americane non è una grande notizia. Il tycoon ha, infatti, più volte ribadito la propria vicinanza all’industria fossile, sbandierando senza remore la propria posizione anti-ambientalista. Secondo gli esperti di settore è però improbabile che Trump riesca a cancellare completamente l’Inflation Reduction Act (IRA) introdotto dall’amministrazione Biden. È, invece, più plausibile che la nuova governance repubblicana scelga di modificare alcune clausole, lasciando attive le disposizioni più in linea con il programma. Resta, tuttavia, incerto il sostegno ad alcuni settori non del tutto classificabili come tecnologie green, come, ad esempio, può essere considerato oggi l’idrogeno.
Le promesse della campagna elettorale
Durante la campagna elettorale, Trump ha espresso l’intenzione di ridurre drasticamente gli incentivi per l’energia generata dal combustibile verde (H2), voluti dall’IRA. In particolare, il nuovo Presidente USA potrebbe decidere di orientare diversamente le politiche sull’idrogeno, riducendo il supporto federale per il settore della mobilità. Un possibile cambio di rotta sull’idrogeno nel comparto automotive è anche ipotizzabile a causa dell’endorsement offerto al tycoon dal magnate dell’elettrico Elon Musk, sempre molto critico nei confronti del vettore energetico.
Incentivi a rischio
Tra le agevolazioni che, prima delle altre, potrebbero cadere, va sicuramente annoverato il credito d’imposta della sezione 45V della Legge federale che porta la firma dell’ex Presidente, finalizzato alla produzione di idrogeno pulito.
Va, però, ricordato che il piano di incentivi degli H2Hubs, Regional Clean Hydrogen Hubs Program, iniziativa volta a sviluppare una rete nazionale di centri di produzione, lavorazione e distribuzione di idrogeno pulito, promuovendo esclusivamente l’uso di tecnologie e personale americani, risulta più che mai in linea con le politiche trumpiste. Inoltre, molti di questi H2Hub sono situati in stati repubblicani, il che potrebbe spingere amministratori locali e imprenditori a fare pressione su Washington per mantenere attive le agevolazioni dell’IRA, indispensabili per la sostenibilità economica dei progetti.
Il sostegno alla variante blu dell’idrogeno
Tra le varie ipotesi c’è poi quella secondo cui il governo Trump, rimanendo favorevole a un mix energetico che include i combustibili fossili, potrebbe considerare l’idrogeno blu una “soluzione ponte”, in grado di ridurre comunque le emissioni di CO2.
In ogni caso, prima di esplorare le implicazioni politiche, è utile comprendere cos’è l’idrogeno blu.
Idrogeno Blu
L’idrogeno blu è prodotto principalmente dal gas naturale attraverso un processo chiamato steam methane reforming (SMR), ma con un’importante differenza rispetto all’idrogeno grigio: le emissioni di carbonio generate durante la produzione vengono catturate e stoccate attraverso la tecnologia di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCS). Questo permette di ridurre le emissioni di CO2, rendendo l’idrogeno blu un’alternativa più “pulita” rispetto alla versione grigia, benché molto più inquinante dell’idrogeno verde.