La produzione dell’idrogeno ‘verde’, utilizzando la biomassa come vettore, potrebbe basarsi su un particolare catalizzatore a base di nichel e indio. Il particolare è stato l’oggetto di uno studio specifico, che hanno realizzato alcuni studiosi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Consiglio che ha collaborato con l’Università di Pavia e lo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble.
Il nuovo fulcro dell’idrogeno ‘verde’
Nel comparto dell’idrogeno ‘verde’ si è aperta la possibilità di partire dalla biomassa, sfruttando in più un particolare catalizzatore a base di nichel e indio. Il catalizzatore, nello specifico, è stato sviluppato da un gruppo di lavoro. Gruppo, sotto il coordinamento dall’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano (CNR – Scitec).
Inoltre, con il CNR hanno collaborato l’Università di Pavia e lo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble. Sui dati e sull’esperimento, gli studiosi hanno redatto un articolo ad hoc. Il titolo dello studio è ‘Enhancing and understanding the stability of Ni catalysts via In-promotion for the steam reforming of oxygenates: An in-depth operando XRD-XAS and modeling investigation‘.
Quest’ultimo è stato pubblicato sulla rivista Applied Catalysis B: Environment and Energy. Per quanto riguarda gli autori, sono Martina Fracchia, Thantip Roongcharoen, Mauro Coduri, Luca Sementa, Soroosh Saeedi, Xuan Trung Nguyen. E insieme a loro, Dragos Constantin Stoian, Emanuela Pitzalis, Beatrice Campanella, Claudio Evangelisti, Alessandro Fortunelli, Vladimiro Dal Santo, Filippo Bossola.
La scelta dell’indio
D’altronde, la produzione di idrogeno attraverso il solare o l’eolico – per l’appunto ‘verde’ – è al centro di diverse analisi di mercato. Il fatto che per il trasporto si possono usare (o adattare) i gasdotti e le connessioni già esistenti, crea teoricamente i presupposti per la sua competitività.
La prospettiva di collegare l’economia circolare con le biomasse e l’idrogeno sostenibile è particolarmente promettente. Per capirne la portata, però, bisogna elencare le principali caratteristiche dell’indio. Tale elemento chimico, pur essendo raro, è particolarmente malleabile. In secondo luogo, è catalogato come bassofondente, ossia la sua temperatura di fusione è inferiore ai 500 C°.
Il fulcro della novità è allora tutto nel catalizzatore. In chimica, il catalizzatore è una sostanza che interagisce con una reazione – velocizzandola o frenandola – nelle sue diverse fasi. Dopodiché, rigenerandosi, arriva inalterata fino al termine del processo.
Prospettive di mercato
La struttura del catalizzatore, a base di nichel e indio, va ad agire convertendo quei composti che derivano dalla biomassa, in idrogeno ‘verde. Gli esperimenti hanno dimostrato una notevole stabilità, al livello delle diverse fasi. Una stabilità simile in materia, come hanno spiegato gli stessi ricercatori, si era riscontrata solo con catalizzatori a base di metalli nobili. Certamente molto stabili ma dal costo elevato.
Nei catalizzatori classici – privi di indio – il nichel si relaziona con i composti della biomassa creando dei residui di carbonio. Accumulandosi sulla sua superficie, queste frazioni bloccano progressivamente l’attività. Da qui, la riduzione della durata del catalizzatore, per un processo che diviene più costoso.
L’indio, dunque, opera come ‘protettore’ per il nichel, lenendo gli effetti della formazione di carbonio. In prospettiva, secondo quei canoni di efficienza e sostenibilità economica, la struttura ad indio-nichel potrà essere un grande volano per produzione di idrogeno sostenibile. Non ultimo, giacché si potrebbe limitare persino la dipendenza da materiali rari e costosi.