Secondo un’indagine Capgemini, le aziende del settore Energy and Utilities (E&U) stimano che l’idrogeno a basse emissioni di carbonio possa soddisfare il 18% del consumo totale di energia entro il 2050. In Italia, la percentuale di organizzazioni E&U che considera l’idrogeno chiave per la decarbonizzazione è più alta rispetto alla media mondiale (71%).
Idrogeno per decarbonizzare le industrie ad alta intensità energetica
L’idrogeno sta acquisendo una grande importanza come vettore energetico, soprattutto per i settori ad alta intensità energetica e ad alte emissioni di gas serra, che non possono essere elettrificati, o solo parzialmente. Bisognerà però attendere ancora qualche anno prima che tale soluzione possa essere impiegata in maniera diffusa e riesca a dispiegare tutto il suo potenziale energetico a livello mondiale.
Secondo il nuovo report del Capgemini Research Institute, dal titolo “Low-Carbon Hydrogen – A Path to a Greener Future”, le aziende del settore Energy and Utilities (E&U) potrebbero soddisfare il 18% dei loro consumi energetici complessivi proprio sfruttando l’idrogeno verde o a basse emissioni di carbonio.
In più, tali imprese potrebbero rapidamente allocare risorse lungo tutta la catena del valore dell’idrogeno, in particolare nello sviluppo di infrastrutture dedicate e in elettrolizzatori e celle a combustibile più vantaggiose.
Entro il 2050, il 18% delle organizzazioni del settore E&U si attende che l’idrogeno a basse emissioni di carbonio possa soddisfare un quinto della domanda di energia entro il 2050.
Ciccone (Capgemini): “Necessari investimenti significativi in termini di ricerca e sviluppo”
“L’idrogeno a basse emissioni è un elemento indispensabile nel mix energetico green, che ci permette di proseguire il percorso di decarbonizzazione nei settori ad alte emissioni e a bassa elettrificazione, come il comparto industriale e quello dei trasporti, contribuendo così a combattere il riscaldamento globale”, ha spiegato in una nota Gerardo Ciccone, CPRD & EU Director di Capgemini in Italia.
“Per portare su scala le iniziative attuali saranno necessari investimenti significativi in termini di ricerca e sviluppo, collaborazione lungo tutta la catena del valore, chiare strategie di partnership e valutazioni accurate dei business case. Le organizzazioni devono instaurare un’adeguata collaborazione lungo tutta la filiera produttiva, assicurarsi la fornitura, sviluppare competenze sull’idrogeno e far leva sulle tecnologie digitali disponibili, con l’obiettivo di rendere efficienti e scalabili le iniziative sull’idrogeno a basse emissioni di carbonio. Anche se non sarà facile – ha precisato Ciccone – abbiamo l’opportunità di dar vita a un futuro decarbonizzato”.
Negli ultimi tre anni, la domanda di idrogeno è aumentata di oltre il 10% in tutti i settori e le aree geografiche.
Crescono gli investimenti in idrogeno a basse emissioni di CO2
L’Europa ha sfruttato il Fondo per l’innovazione, con cui ha erogato 1,8 miliardi di euro per lo sviluppo di nuove soluzioni per soddisfare la domanda delle industrie più energivore, per produrre più idrogeno verde, per potenziare le fonti energetiche rinnovabili, per realizzare nuove infrastrutture di cattura, stoccaggio e riuso del carbonio.
In un Ipcei del settembre 2022, sempre l’Europa ha investito più di 5 miliardi di euro per creare una filiera dell’idrogeno pulito a livello continentale, con i primi 35 progetti selezionati.
In particolare, le risorse stanziate serviranno a produrre elettrolizzatori e realizzare infrastrutture di trasporto su larga scala, per la produzione, lo stoccaggio e il trasporto di questo vettore.
In Italia, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è stato stanziato un miliardo di euro (Misura M2C2 – Investimento 3.2) per la realizzazione di Piani di decarbonizzazione industriale che prevedono, anche congiuntamente, l’uso di idrogeno a basso contenuto di carbonio, la produzione di idrogeno rinnovabile, la realizzazione di dimostratori tecnologici.
Secondo un recente Rapporto di Rystad Energy, il mondo investirà in tecnologie low carbon (tra cui l’idrogeno a basse emissioni) più di 620 miliardi di dollari durante il 2023, contro i 560 miliardi dell’anno passato.
Per tre quarti delle imprese di tutto il mondo l’idrogeno sarà la chiave di volta per un futuro zero emissioni
Un sentiment che si può rintracciare nella survey globale condotta in 13 paesi (Italia inclusa), coinvolgendo 500 dirigenti di aziende di Energy&Utilities e 360 dirigenti dei cosiddetti settori di end-use.
Ad esempio, si stima che il 63% delle organizzazioni che si occupano di Energia e Utility considera l’idrogeno a basse emissioni di carbonio come uno strumento chiave per la decarbonizzazione delle economie e il 45% di questo sta investendo in attività di R&S legate all’idrogeno.
In Italia, la percentuale di organizzazioni E&U che considera l’idrogeno chiave per la decarbonizzazione è più alta rispetto alla media mondiale (71%).
La maggioranza (64%) sta pianificando di investire in iniziative sull’idrogeno a basse emissioni di carbonio entro il 2030; e 9 su 10 prevedono di farlo entro il 2050.
Tra le società intervistate, però, quelle italiane hanno dedicato la percentuale più bassa del fatturato (4%) ad investimenti a basse emissioni di carbonio durante il 2022.
La metà (51%) delle organizzazioni a livello globale, infine, ritiene che l’idrogeno prodotto con la tecnologia CCUS (Cattura, Utilizzo e Stoccaggio del Carbonio) non è sostenibile dal punto di vista ambientale, nemmeno con la cattura del carbonio, mentre il 28% è convinto che questa tecnologia continuerà ad essere utilizzata.