Una capacità in grado di immettere in rete, con continuità, almeno 1 milione e 200mila MWh anno, che è l’equivalente di quanto sarebbe prodotto discontinuamente da impianti fotovoltaici su una superficie di quasi 10 chilometri quadrati.
Geotermia, una storia molto italiana lunga un secolo
La geotermia è considerata a tutti gli effetti una fonte energetica rinnovabile, utile sia per generare energia elettrica, sia per fornire riscaldamento agli ambienti.
A differenza di altre fonti rinnovabili, la geotermia ha bisogno di veder realizzati i suoi impianti lì dove ci sono condizioni geologiche e ambientali particolari, tali da consentire l’accesso alla fonte geotermica (che può anche essere un vulcano o un serbatoio di acqua a temperature altissime) o da impiegare tecnologie geotermiche che trasformano il naturale calore terrestre (57 mW/m2) in energia elettrica o temica.
Grazie a queste tecnologie è possibile estrarre energia dalle risorse geotermiche sotterranee, o utilizzare il sottosuolo come una enorme batteria di accumulo energetico. Il gradiente termico varia da luogo a luogo – con valori massimi nelle zone vulcaniche – e in media, in zone continentali, a 1.000 metri di profondità ad esempio è pari a un range compreso tra 30 e 45 °C.
Toscana patria della geotermia
Per questo motivo l’Italia è sempre stato un Paese favorito e infatti più di un secolo fa è in Toscana, nella fattispecie a Pisa, che è nato il primo impianto geotermico per la produzione di energia elettrica e di calore.
Oggi in Toscana c’è una grande area geotermica chiamata “Larderello valley”, che conta ben 34 centrali, dislocate tra le province di Pisa, Siena e Grosseto, totalizza una capacità installata di 916 MW e soddisfa più del 30% del fabbisogno energetico regionale.
Il luogo deve il suo nome (Lardarello) all’ingegnere e imprenditore francese François Jacques de Larderel, che qui fondò la geotermia industriale: l’8 maggio 1818, a Montecerboli, avviò i lavori del primo impianto al mondo per estrarre dal vapore geotermico l’acido borico.
Ci sono diverse regioni in Italia che potrebbero candidarsi alla realizzazione di altri impianti geotermici, ma di fatto le potenzialità di questa fonte energetica rimangono poco sfruttate dai territori.
Già pronti numerosi progetti, manca la volontà politica
In totale, oggi sono pronti a partire progetti geotermici per almeno 144 MW di potenza, secondo quanto riportato in un articolo pubblicato da lanazione.it.
Una capacità in grado di immettere in rete, con continuità, almeno 1 milione e 200mila MWhanno, che è l’equivalente di quanto sarebbe prodotto discontinuamente da impianti fotovoltaici su una superficie di quasi 10 chilometri quadrati.
Per far fronte a questa situazione, domani l’Unione Geotermica Italiana (di cui fanno parte tra gli altri Enea, Cnr, Ingv, Enel Green Power, Steam, Tenaris e Solenis), in collaborazione con il Tavolo Tecnico Geotermia, organizza a Pisa una giornata di incontro pubblico in Auditorium dell’Area Ricerca del Cnr, proprio per discutere di tecnologie, di collaborazioni, di finanziamenti, di piani ed obiettivi per lo sviluppo della geotermia in Italia.
Dal Pnrr 200 milioni di euro
Riguardo ai finanziamenti, il Ministero della transizione ecologica (oggi ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) aveva pubblicato a settembre 2022 un decreto che metteva in campo 200 milioni di euro, stanziati per finanziare progetti volti alla realizzazione di nuovi sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento, o per estendere ed efficientare le reti già realizzate.
L’investimento 3.1 (M2C3) del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) aveva l’obiettivo di realizzare entro il 2026 nuove reti per il teleriscaldamento o ampliare quelle esistenti al fine di raggiungere un risparmio annuo di 20.000 tep di energia primaria non rinnovabile.
Più nel dettaglio, la misura mirava allo sviluppo di 330 km di reti di teleriscaldamento efficiente e alla costruzione di impianti o connessioni per il recupero di calore di scarto per 360 MW, ipotizzando che il 65 per cento delle risorse sia allocato per le reti (costo 1,3 mln a km) e il 35 per cento circa a sia dedicato allo sviluppo di nuovi impianti (costo 0,65 mln a MW).
Certo per veder inserita per bene, in maniera strutturata, la geotermia in un piano nazionale di ampio respiro dedicato allo sfruttamento di tutto il potenziale delle fonti energetiche rinnovabili servirebbe un passo in avanti decisivo verso il decreto FER2, che è atteso ormai da cinque anni.