L’aumento dei livelli dell’industria cinese comporterà un maggiore consumo di Gas Naturale il quale, a sua volta, si tradurrebbe in un aumento delle sue importazioni.
Una soglia potenziale da 425 mld m3 di gas
I consumi di Gas Naturale Liquido della Repubblica Popolare Cinese, per il 2024, dovrebbero aumentare, in una forbice compresa tra il 6,5% e il 7,7% rispetto allo scorso anno. Una previsione, strettamente indirizzata dalla crescita dell’industria locale.
Si dovrebbe dunque raggiungere la soglia potenziale di 425 mld m3 di gas, secondo un rapporto presentato lo scorso martedì dall’Amministrazione Nazionale dell’Energia. Nel complesso, la produzione cinese ammonterebbe a 246 mld m3, superiore di 10 miliardi al 2023.
Al resto, dovrebbero provvedere le importazioni, acuendo una potenziale criticità strutturale insita nel sistema economico del Paese asiatico. Soltanto nella prima metà dell’anno, infatti – considerando anche i gasdotti e lo stesso GNL – si è registrato un aumento delle importazioni pari al 14,3% (raggiungendo le 64,65 mln di tonnellate).
Questione di cifre
L’aumento delle importazioni è stato dovuto anche alla diminuzione dei prezzi sui mercati internazionali. Un fattore, quest’ultimo, nevralgico per la rinnovata espansione del settore manifatturiero. Secondo i dati del Bureau of Statistics cinese, nel primo semestre del 2024, il valore aggiunto totale delle industrie è cresciuto del 6,0%, rispetto a dodici mesi fa.
In termini di settori, il valore aggiunto dell’industria mineraria è cresciuto del 2,4%. Quello dell’industria manifatturiera del 6,5%. Quello della produzione e fornitura di elettricità, energia termica, gas e acqua del 6,0%.
Di pari passo, è cresciuta ovviamente la produzione di Gas Naturale Cinese – che nel 2023 aveva raggiunto i 230 mld m3 – la quale, solamente lo scorso Giugno ha fatto segnare un +9,6%, in paragone allo stesso periodo del 2023.
I dettami di Pechino
Dal punto di vista sistemico, queste cifre – al netto delle difficili congiunture internazionali – sono in linea con il cambio di rotta della Repubblica Popolare Cinese. L’ormai definita rimodulazione dell’economia nazionale, in effetti, l’ha resa sempre più imperniata sul sostegno alla domanda interna e proiettata sul rafforzamento dei mercati domestici.
Oltre agli investimenti sulle rinnovabili e sul nucleare, Pechino ha contestualmente posto l’accento sulla necessità di dipendere sempre meno dalle importazioni, incrementando la produzione e la trasformazione in loco delle materie prime. Le ricadute geo economiche sono evidenti.
Valorizzazione della catena industriale
A inizio Luglio, come ha scritto la Reuters, è stato costituito un nuovo conglomerato. Oltre alla CNPC e alla Sinopec, i due produttori ‘dominanti’ del Paese di petrolio e gas, la compagnia ha riunito altre sette imprese statali. Nello specifico: la China Aerospace Science and Industry Corp, il gruppo siderurgico Baowu, il costruttore di apparecchiature Sinomach, il Dongfang Electric Group (produttore di generatori di energia) e Minmetals.
L’obiettivo è nella valorizzazione di quella catena industriale che parte dall’esplorazione di petrolio e gas ultra-profondi, per giungere fino al settore della ricerca/sviluppo e della produzione. Anche da questi dettami politico-tecnici, passa la capacità di Pechino nella creazione di ricchezza nazionale, pilastro imprescindibile per la tenuta del patto sociale.