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Gnl, stop alle forniture USA. Mossa elettorale, sensibilità green o guerra agli speculatori?

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Sembra ormai un lontano ricordo la sete di gas che l’Europa soffriva o temeva fino ad un anno fa o poco più. Oggi le nuove linee di approvvigionamento ci hanno rassicurato e gli stoccaggi invernali sono sempre pieni in largo anticipo. Da Washington però arriva uno stop “temporaneo” alle forniture di gas naturale liquefatto verso l’Europa. Tra i motivi addotti, c’è la necessità di fare delle valutazioni sull’impatto ambientale di questo combustibile fossile (qui l’accusa di fare propaganda elettorale per le presidenziali in arrivo), ma anche la volontà di fermare gli speculatori.

Niente più Gnl americano verso l’Europa?

Dalla fine di gennaio 2024 non stanno partendo dagli Stati Uniti per l’Europa navi cariche di gas naturale liquefatto (Gnl). A decidere lo stop “temporaneo” è stato il Presidente americano, Joe Biden, con la motivazione ufficiale di voler prendere tempo per valutare gli impatti ambientali di un settore energetico in così forte espansione.

Questa la giustificazione avanzata da un alto funzionario del Dipartimento dell’Energia (DoE) del Governo americano in un’audizione davanti alla commissione Energia del Senato degli Stati Uniti.

Il vice segretario del DoE, David Turk, ha spiegato alla commissione che al momento non ci sono dei tempi certi sul blocco temporaneo delle esportazioni di GNL verso altri Paesi, in particolare l’Europa, ma che presto riprenderanno e comunque non riguarderà gli stock già acquistati.

Rifornire i nostri alleati è la priorità e questo blocco non cambierà il nostro impegno”, ha dichiarato Turk riferendosi alle esportazioni di GNL verso l’Europa già approvate in precedenza.

Questioni di impatto ambientale o semplice propaganda elettorale?

Un funzionario della Casa Bianca ha detto ieri alla Reuters che le valutazioni sull’impatto ambientale del Gnl si estendono anche all’effetto che questo combustibile fossile può avere nell’adozione di idrogeno verde in Europa (prodotto a partire da fonti rinnovabili e pulite e non dal gas).

Dopo che l’Europa ha abbandonato il gas russo, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, non c’era altro da fare che rivolfersi agli Stati Uniti per i nuovi approvvigionamenti. Dalla fine del 2022 in poi Washington ha visto crescere le quote di mercato mondiale di Gnl, diventando di fatto il più grande esportatore al mondo.

Allora, c’è da interrogarsi sul motivo reale di questo blocco, che più volte in commissione al Senato è stato definito “temporaneo”.

Secondo i critici (interni ed esterni) dell’amministrazione americana, è la tipica mossa in chiave elettorale che un candidato alla Casa Bianca è costretto a fare, quando tra i suoi elettori ci sono molti ambientalisti.

C’è preoccupazione sulle emissioni di gas serra legate all’estrazione, il trasporto e l’utilizzo del gas naturale, in questo caso liquido. Biden potrebbe aver risposto a questi timori fermando i rifornimenti Gnl verso l’Europa, proprio per “valutarne l’impatto ambientale” e anche per ascoltare le popolazioni che vivono nei paraggi dei siti estrattivi.

L’industria energivora americana critica verso l’amministrazione Biden

C’è poi chi, come i rappresentanti dell’industria siderurgica e chimica, ma anche del settore dell’agribusiness e quindi dell’industria alimentare, chiede che una restrizione alle esportazioni di gas dagli USA verso altri Paesi rimanga come misura strutturale (non temporanea quindi), perché a lungo andare questo continuo esportare Gnl potrebbero portare ad un aumento del prezzo anche per il comparto industriale.

Nel frattempo secondo quanto riportato da usnews.com, un gruppo di 23 procuratori generali di Stato appartenenti o vicino ai repubblicani, in una lettera inviata all’amministrazione Biden martedì scorso, ha affermato che la pausa imposta dal Presidente è illegale, sostenendo che la legge sul gas naturale impone al DoE di approvare le esportazioni di GNL a meno che non dimostri un interesse pubblico a non farlo.

Forse l’obiettivo di questo stop sono gli speculatori

C’è da dire, come spiegato in un articolo pubblicato dall’Institute for energy economics and financial analysis (Ieefa), che la domanda di Gnl da Europa e Asia è in realtà diminuita nel 2023 e non di poco.

La domanda di gas nell’Ue è scesa del 14% nel 2022 e del 7,4% nel 2023, mentre le riserve sono tutte ai massimi livelli (complici inverni piuttosto miti). Sempre secondo il documento la domanda europea di Gnl dovrebbe diminuire di un altro 16% entro la fine del decennio (picco della domanda previsto entro il 2025).

Identica situazione di mercato nel resto dell’Asia: il Giappone nel 2023 ha ridotto le importazioni americane di Gnl dell’8%; in Corea del Sud sono scese del 4% e potrebbero perdere un ulteriore 20% entro il 2030. In Cina le importazioni di Gnl USA non hanno mai superato il 4%.

In realtà, a quanto si legge nel documento Ieefa, di Gnl ce n’è in abbondanza in giro, anche grazie alle forniture di Australia, Qatar e Malesia, e gli esperti stimano che gli Stati Uniti raddoppieranno la propria capacità di esportare questo combustibile fossile entro pochi anni.

Se non sono i Paesi sopra menzionati, allora chi è che acquista tutto questo Gnl? Si tratta di grandi società petrolifere e del gas, di trader di materie prime energetiche, come ExxonMobile, Shell e Gunvor, per citarne alcune di queste major del fossile, che sfruttano i vantaggi del momento.

I due terzi della nuova capacità di Gnl in costruzione degli Stati Uniti sono stati già acquistati dai trader, che in questo modo non fanno che scommettere sulla crescita a lungo termine del mercato globale.

La pausa voluta dal Governo USA, molto probabilmente, è dettata proprio da questa situazione, cioè limitare le speculazioni sul mercato Gnl.

Giornalista

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