Un inverno fin qui piuttosto mite in tutta Europa, la riduzione dei consumi di famiglie e imprese, la stabilità degli approvvigionamenti di GNL, hanno concorso ad un calo consistente del prezzo del gas sul marketplace di Amsterdam. Abbiamo a disposizione anche il meccanismo europeo per il contenimento dei prezzi del combustibile fossile, ma non ha avuto alcun ruolo fino ad ora e forse non ne avrà mai.
Prezzo del gas mai così basso dall’estate del 2021
Da circa un anno e mezzo a questa parte il prezzo del gas non era mai stato così basso. Per la prima volta dall’estate del 2021 sulla piazza di Amsterdam le quotazioni del combustibile fossile sono scese sotto i 50 euro al megawattora (MWh).
Nel pomeriggio di venerdì 17 febbraio si toccano i 48,90 euro MWh. Dall’inizio dell’anno in corso il prezzo del gas è diminuito del 25% circa.
I motivi sono diversi, sicuramente un clima piuttosto mite per il periodo, diciamo poco invernale, che ha determinato una contrazione dei consumi, un livello di scorte che quindi rimane piuttosto alto (o almeno sopra le attese), una domanda che rimane stabile e gli approvvigionamenti crescenti e stabili di gas liquefatto (GNL) da Stati Uniti e Qatar. Non meno importante una bassa attività speculativa sui mercati.
Secondo Matteo Villa, Head of DataLab dell’Ispi, da settembre 2022 a gennaio 2023 l’Italia ha tagliato il 23% dei consumi di gas. A luglio dell’anno scorso i paesi Ue avevano concordato un taglio del 15% dei consumi di gas fino a marzo del 2023.
Non abbassare la guardia
Tutto risolto quindi? Fine dei problemi e dei timori energetici per famiglie e imprese? Assolutamente no. Gli esperti non si sbilanciano e parlano ancora di fase contingente, seppur positiva (soprattutto se confrontata con quanto accaduto negli ultimi tempi, visto che a dicembre 2022 il prezzo del gas superava ancora i 135 euro MWh).
Come ricordato in uno studio Prometeia, pur nell’ipotesi di un rientro dei prezzi del gas a partire dalla prossima primavera 2023, i costi energetici rimarranno comunque strutturalmente più alti rispetto al passato e famiglie e imprese dovranno adattare le proprie abitudini di consumo a questo cambiamento.
Nel documento si sottolineava che “il prezzo dell’energia, in un contesto di transizione climatica, sarà uno dei temi dominanti degli scenari per molti anni a venire chi può traslare a valle gli aumenti dei costi che subisce lo sta facendo, sono soprattutto le famiglie a sopportarne il peso“.
La stima è ancora valida.
Non possiamo sapere cosa accadrà per il resto dell’inverno, figuriamoci per il resto dell’anno (con un occhio all’autunno del 2023). Di fatto, come più volte ci hanno detto, il prezzo del gas attuale in discesa è ancora due volte e mezzo più alto rispetto a gennaio 2019, quando ha raggiunto la quotazione più bassa di 19 euro MWh.
Qualsiasi cambiamento sullo scenario globale, in termini di forniture e certamente relativo al teatro di guerra in Ucraina potrebbe avere conseguenze sul prezzo del gas, che quindi tornerebbe rapidamente molto volatile.
Il 15 febbraio 2023 è entrato in vigore il meccanismo Ue impone un tetto al prezzo eccessivo del gas
Dal 15 febbraio, inoltre, è entrato in funzione anche il celebre tetto al prezzo del gas, il “price cup” dell’Unione europea. Il meccanismo entra in azione quando i prezzi del gas superano i 180 euro MWh per tre giorni consecutivi di contrattazione al Ttf di Amsterdam. Contemporaneamente, dev’esserci una differenza superiore ai 35 euro MWh tra il costo al Ttf e quello del gas naturale liquefatto sul mercato globale.
Il price cap una volta attivato resta in vigore per 20 giorni, ma sarà automaticamente disattivato in caso di aumento dei consumi del 15% in un mese o del 10% in due mesi, ma anche in caso di calo significativo nelle importazioni di Gnl o nei volumi scambiati al Ttf rispetto all’anno precedente.
Tanto se ne era discusso, per settimane ha occupato le prime pagine dei giornali e i primi titoli dei telegiornali, che pare strano sia passato un po’ in sordina.
Servirà mai il price cup?
Forse perché non servirà mai, come alcuni profetizzano, o forse perché parlarne potrebbe mettere paura agli investitori e agli stessi fornitori di gas, come altri hanno spesso sottolineato.
Come ricorda ilpost.it, due studi di fine gennaio commissionati dalla Commissione europea per monitorare gli effetti del price cap – uno dell’ACER (l’Agenzia europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia) e uno dell’ESMA (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) – escludono che questo meccanismo abbia avuto davvero un ruolo nel tenere basso il prezzo del gas.
Un meccanismo che a conti fatti, come già molti esporti avevano pronosticato, non entrerà mai davvero in vigore, perché la soglia dei 180 euro MWh potrebbe essere superata solo in condizioni straordinarie, le stesse che misero in crisi l’Europa, soprattutto alcuni Paesi, tra cui Germanie e Italia, che erano oltremodo esposti in maniera straordinaria verso un unico fornitore, la Gazprom russa.