Ennesimo campanello di allarme per un possibile nuovo aumento dei prezzi del gas in Europa. Dopo il riaccendersi della crisi israelo-palestinese, da Helsinki arriva la notizia del sabotaggio del gasdotto sottomarino nel Mar Baltico. Indagini in corso. Come spiega bene l’ultimo Rapporto dell’IEA, la volatilità dei prezzi in una regione potrebbe creare seri problemi in molte altre.
Attacco al gasdotto baltico tra Finlandia ed Estonia
A distanza di un anno dall’attacco al gasdotto NordStream in acque svedesi, ci troviamo di fronte ad un nuovo caso di sabotaggio di un’infrastruttura energetica strategica, stavolta in Finlandia.
Si tratta del “Baltic Connector”, in particolare un tratto non meglio specificato dei 77 km di sezione sommersa, che connette appunto la costa estone a quella finlandese, tra le località di Paldiski e Inkoo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano finlandese Iltalehti, a partire dalla scorsa domenica è stato registrato un calo di pressione fuori dal normale, che ha spinto l’operatore nazionale a ridurre i fluissi, fino all’ispezione subacquea che ha permesso di scoprire la perdita alla base delle anomalie.
Helsinki: “A rischio c’è la sicurezza nazionale”
Secondo il Governo di Helsinki si tratta di un sabotaggio, un’azione deliberata messa a punto da un’organizzazione ben addestrata e fornita di strumenti adeguati al compito, praticamente sostenuta da attori esterni.
“A rischio c’è la sicurezza nazionale”, hanno subito dichiarato il Primo ministro finlandese, Petteri Orpo, e il ministro per la Difesa, Antti Häkkänen. Anche se non è stato dichiarato ufficialmente, il dito rimane puntato contro la Russia.
Orpo ha anche detto in Parlamento che è stata identificata un’interruzione del cavo di comunicazione che probabilmente ha avuto luogo nella Zona economica esclusiva (ZEE) dell’Estonia.
Rialzo dei prezzi del gas?
Dopo l’annuncio c’è stata subito un’impennata dei prezzi del gas, con i future Ttf che sono balzati del 12% sul marketplace di Amsterdam.
Un motivo di preoccupazione in più sui mercati energetici europei, soprattutto per le tasche di famiglie e imprese. Il riacuirsi del conflitto arabo-israeliano ha già fatto suonare più di un campanello di allarme.
Certo, Israele è tutto sommato un piccolo produttore di greggio, influisce poco sul prezzo finale, ma le eventuali sanzioni all’Iran (sospettata di sostenere attivamene Hamas in questa fase militare) potrebbero davvero cambiare le carte in tavola, con un incremento deciso del prezzo per barile di petrolio.
Diverso però il discorso per il gas. Israele, infatti, è diventato un importante produttore di combustibile fossile, soprattutto dopo la scoperta di un grande giacimento offshore nelle acque del Mediterraneo. Le riserve israeliane di gas accertate sono passate dai 780 miliardi di metri cubi del 2012 ai 1.087 mld di mc nel 2022.
Secondo l’ultimo rapporto dell’International Energy Agency, l’andamento della domanda di gas naturale nel medio termine dovrebbe andare scemando, ma la volatilità dei prezzi in una regione potrebbe creare seri problemi in molte altre, a causa della sempre maggiore interdipendenza dei mercati.