Confcommercio lancia l’allarme: i recenti aumenti del gas naturale rischiano di aggravare ulteriormente la situazione energetica italiana, già critica rispetto alla media europea. Alla base di questo scenario fattori geopolitici, ma anche speculazioni finanziarie, limiti infrastrutturali e insicurezza degli approvvigionamenti. Da valutare l’impatto dei nuovi scenari geopolitici europei legati alla guerra in Ucraina sull’economia continentale e soprattutto nazionale. Le scorte di gas naturale sono scese sotto il 70%, ma il prezzo (TTF) sembra aver frenato la sua corsa al rialzo. Molto dipenderà anche dal prosieguo dell’inverno, se mite o gelido.
L’impatto dei costi energetici sulle imprese italiane del terziario
Dopo la crisi energetica del 2022, Confcommercio ha evidenziato come i recenti aumenti del gas naturale stiano pesando sull’economia italiana, che già affronta costi energetici superiori alla media europea. Le imprese, specialmente quelle del terziario, stanno subendo un incremento significativo delle spese: nel 2024, la spesa media per energia è aumentata del 35% rispetto al 2019.
L’associazione, in una nota, attribuisce gli attuali aumenti dei prezzi del gas non solo a fattori geopolitici, ma anche a speculazioni finanziarie. La crescente integrazione tra i mercati energetici e quelli finanziari amplifica la volatilità dei prezzi.
Altri fattori, come la stagionalità delle forniture e i limiti infrastrutturali, potrebbero aggravare ulteriormente la situazione. In particolare, l’entrata in funzione dei nuovi rigassificatori italiani è prevista solo dal 2026, lasciando il Paese vulnerabile a un inverno più rigido che aumenterebbe la domanda.
In questo contesto, nella nota si sottolinea la necessità di interventi urgenti per supportare le imprese e mantenere la competitività del Paese. La sfida principale è risolvere il trilemma energetico, che implica un equilibrio tra sostenibilità, competitività economica e sicurezza.
Le proposte a livello europeo e nazionale
A livello europeo, Confcommercio propone tre misure prioritarie: fissare un tetto massimo al prezzo del gas tra 50 e 60 €/MWh per ridurre la volatilità e prevenire nuovi aumenti speculativi; riformare il mercato dell’energia separando i prezzi dell’elettricità da quelli del gas per garantire tariffe eque; e favorire gli acquisti congiunti di energia a livello europeo con contratti a lungo termine con fornitori affidabili.
A livello nazionale, si chiede una revisione degli oneri generali di sistema, che incidono per il 26% sulle bollette delle imprese del terziario. Inoltre, propone incentivi per migliorare l’efficienza energetica e promuovere l’autoproduzione di energia rinnovabile su piccola scala, coinvolgendo anche il terziario nel “Piano Transizione 5.0“.
Queste misure sono essenziali per affrontare le sfide energetiche del 2025 e garantire la sostenibilità economica e ambientale del Paese.
Un allarme che non può essere ignorato, né dal Governo, né dall’Unione europea, anche alla luce dei nuovi scenari energetici legati all’andamento della guerra in Ucraina e dei conflitti sanguinosi in Medio Oriente.
Il gas russo non passerà più per l’Ucraina, quali le conseguenze?
La chiusura del passaggio del gas russo attraverso l’Ucraina, avvenuta il 1° gennaio 2025, avrà diverse implicazioni per l’economia italiana, soprattutto in termini di costi energetici e approvvigionamento.
La chiusura del transito potrebbe portare a un aumento della volatilità dei prezzi del gas. L’Italia, che dipende ancora in parte dal gas russo, potrebbe vedere un incremento dei costi energetici a causa della necessità di ricorrere a fornitori alternativi più costosi.
L’Italia potrebbe affrontare sfide crescenti nel mantenere adeguati livelli di scorte di gas, specialmente durante i periodi di alta domanda come l’inverno, ma sicuramente dovrà fare maggiore affidamento su altre rotte di approvvigionamento, come il gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti e altri paesi, che come ben sappiamo costa molto di più dal gas russo.
In uno scenario del genere, l’aumento dei costi energetici potrebbe ridurre la competitività delle imprese italiane, specialmente quelle del settore terziario, che già affrontano spese energetiche elevate, e allo stesso tempo far decollare di nuovo l’inflazione.
Per questo, a maggior ragione, è centrale per ridurre i rischi e migliorare la competitività, far ricorso massicciamente alle fonti energetiche rinnovabili, investire di più in vettori energetici alternativi, come l’idrogeno (magari verde), sostenere e incentivare le imprese, soprattutto nella transizione energetica e digitale.
Scorte europee in calo, come si comporterà il prezzo del gas?
Le scorte europee sono scese sotto il 70% in questi ultimi giorni, un dato che preoccupa, ma complessivamente non desta allarmi particolari.
Anche l’aumento del prezzo del gas naturale (TTF) sembra rientrato, dopo l’impennata di fine dicembre e il picco del 1° gennaio 2025 sopra i 50 euro/MWh, attualmente scambiato attorno ai 44 euro/MWh.
Valori decisamente lontani dal massimo di 300 €/MWh toccati nell’estate 2022, nel pieno della crisi energetica, ricorda l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), ma del 43% superiori al valore con cui era iniziato il 2024 (meno di 35 €/MWh) e due volte e mezzo un prezzo medio precedente l’invasione dell’Ucraina.
Gli esperti chiedono di mantenere la calma e si stima un inverno più mite del solito in gran parte d’Europa, condizione essenziale per ridurre i consumi e tenere a bada eventuali speculazioni sui prezzi.
In realtà l’inverno è appena iniziato e nessuno può sapere se sarà mite o gelido. A dispetto di queste facili previsioni, gli esperti meteo hanno già avvertito di una possibile ondata di gelo su molti Paesi europei, soprattutto del settore orientale e meridionale per le prossime settimane. L’Italia potrebbe venir coinvolta in pieno da queste possibili fase fredde.