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Cattura e Stoccaggio della CO₂ (CCS), perchè è una falsa soluzione 

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La tecnologia di cattura del carbonio, meglio conosciuta come Carbon Capture and Storage (CCS), rischia di vanificare l’impegno internazionale in tema di decarbonizzazione. Il sistema di cattura e stoccaggio della CO₂, infatti, sta diventando una falsa soluzione, proposta dalle multinazionali del petrolio per perpetuare l’estrazione in giacimenti quasi esauriti. La denuncia di GreenPeace e la situazione in Italia.

LEGGI IL REPORT DI GREENPEACE

Speso solo il 30% degli 8,5 miliardi di dollari destinati a CCS

É indubbio che la lotta al climate change passi per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica immessa in atmosfera. Secondo i dati riportati dall’ente statunitense NOAA Earth System Research Laboratories (ESRL), la concentrazione del gas serra è raddoppiata dal 1978 ad oggi (421 parti per milione nel 2023), con un nuovo record registrato lo scorso anno, pari a 37,55 miliardi di tonnellate di CO2. Tuttavia emerge che sin dal 2009, in gran parte del globo, solo il 30% dei fondi governativi stanziati allo scopo di decarbonizzare i settori “hard to abate” con progetti di Cattura e Stoccaggio della CO₂ (CCS) sono stati realmente impiegati. Parliamo di circa 2,55 miliardi di dollari sugli 8,5 disponibili.

CCS? Uno specchietto per le allodole

La tecnologia di cattura del carbonio, meglio conosciuta come Carbon Capture and Storage, assume sempre più le sembianze di uno specchietto per le allodole adottato dalle multinazionali del petrolio per ammansire i sostenitori della transizione energetica. Pensato per frenare il surriscaldamento globale, il sistema CCS starebbe, invece, accumulando fallimenti conclamati nella strategia di eliminazione graduale delle fonti energetiche più inquinanti, quali petrolio e gas. A denunciarlo sono diverse ONLUS, tra cui GreenPeace, che anziché associare la suddetta tecnologia ad un phase out dai combustibili fossili, tendono piuttosto a definirla la “falsa soluzione” preferita dalle Oil Companies. Vediamo perché.

Il Processo EOR

Un processo di estrazione molto utilizzato negli ultimi anni dalle Oil Companies, è il cosiddetto Enhanced Oil Recovery (EOR). Si tratta di un metodo che prevede essenzialmente l’iniezione forzata di CO₂ nel sottosuolo per ravvivare la produzione petrolifera in giacimenti in fase di esaurimento che hanno perso la pressione di uscita originaria. Secondo i dati riportati da GreenPeace, finora circa il 70% della CO₂ sequestrata globalmente negli ultimi anni tramite CCS, è stata impiegata per ottenere una maggiore produzione dai giacimenti esauriti mediante tale sistema. Oltre a perpetuare l’estrazione e, dunque, la dipendenza dal petrolio, questo utilizzo fa sì che la CO₂ non rimanga integralmente confinata nel sottosuolo. Una parte infatti, si mescola al petrolio, fluidificandolo, e torna in superficie. Le ambiziose prospettive delineate dai promotori dei progetti di Cattura e Stoccaggio della CO₂, secondo cui un’introduzione massiccia della tecnologia in tutti i comparti industriali più inquinanti avrebbe svolto un ruolo cruciale nella lotta al climate change, stanno quindi lentamente svanendo dietro le false promesse di multinazionali interessate all’estrazione del petrolio come ENI. É, infatti, proprio di ENI l’impianto CCS di Ravenna, il progetto pilota per lo stoccaggio della CO₂ in Italia.

La situazione in Italia

Istituzioni ed aziende leader nel panorama energetico nostrano puntano molto sulla tecnologia CCS. Più nel dettaglio, particolare fiducia in questo comparto viene riposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) e dall’ENI, azienda trainante nel settore. La recente norma del DL infrastrutture che istituisce un apposito Comitato per l’esame delle istanze in materia di CCS, la dice lunga. Il Titolare dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha definito i Carbon Storage “Un’ambiziosa tecnologia che potrà aiutarci a raggiungere gli obiettivi del PNIEC”. Eppure, il progetto pilota ideato con Snam, a Ravenna, con cui  almeno sulla carta, ENI intende fare dell’Italia l’hub di CO₂ nel Mediterraneo, è tuttora arenato. Attualmente, sul sito della multinazionale, l’inizio delIa fase industriale di stoccaggio di CO₂ è previsto nel 2027

Come funziona la cattura e lo stoccaggio del carbonio

I sistemi Carbon Capture and Storage sono processi progettati per raccogliere o “catturare” l’anidride carbonica generata da attività ad alte emissioni, come ad esempio centrali termoelettriche a carbone o a gas, cementifici, acciaierie, distretti industriali, impianti petrolchimici, prima che il gas serra venga rilasciato nell’atmosfera. La CO₂ viene compressa allo stato liquido attraverso varie tecniche di raffreddamento e trasportata tramite condutture, navi o autocisterne in siti in cui viene utilizzata per processi industriali o stoccata in depositi sotterranei, sia su terra (onshore) che in mare (offshore), come acquiferi salini, giacimenti di petrolio o gas esauriti, giacimenti di carbone non estraibili. 

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