Uno studio dell’Ufficio Europeo per l’Ambiente considera adatto allo sviluppo del solare e dell’eolico il 5,2% dei terreni Ue. Si basa su criteri agricoli, ambientali e tecnici ben precisi. All’Ue, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2040, basta meno della metà dei terreni utilizzabili.
Lo studio dell’EEB, l’Ufficio Europeo per l’Ambiente
L’indagine definisce che il 5,2% dei terreni Ue può essere adatto allo sviluppo delle rinnovabili, secondo criteri agricoli, ambientali e tecnici per ospitare progetti eolici e solari onshore.
L’EEB dichiara che per eliminare gradualmente i combustibili fossili e l’energia nucleare, e per raggiungere la neutralità climatica entro il 2040 (e non entro il 2050 come dichiarato dall’Ue) è necessario solo il 2,2% dei terreni disponibili.
L’utilizzo del territorio a disposizione non compromette la produzione alimentare, non va contro la Legge per il Ripristino della Natura ed esclude le riserve naturali protette e le aree agricole ad alto valore. Considera infatti solo le aree edificate e sui terreni degradati con prospettive agricole limitate.
La distribuzione del territorio
Lo studio definisce che la maggior parte dei terreni idonei per lo sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili si trova nelle aree rurali.
Il 78% può essere utilizzato per l’installazione del solare fotovoltaico a terra è l’83% per l’eolico onshore. A mancare, secondo l’EEB, sono i tetti. Le aree urbane e industriali da sole, infatti, non riescono a soddisfare tutte le esigenze di capacità solare.
Compensa l’abbondanza di terreni agricoli degradati disponibili per espandere l’energia solare integrandola con le attività agricole esistenti, grazie all’agrofotovoltaico, che punta alla produzione di energia rinnovabile in terreni agricoli senza sottrarre spazi produttivi per agricoltura e allevamento.
Spagna e Romania hanno terreni in abbondanza, ben superiori al fabbisogno energetico nazionale. Paesi come Germania e Italia non dispongono invece di terreni sufficienti per le rinnovabili.
Il monito dell’EEB è quindi quello di creare una “superrete” europea per bilanciare la distribuzione energetica.
I terreni agricoli italiani
Per raggiungere entro il 2040 un sistema basato al 100 per cento su fonti rinnovabili, il contributo italiano dovrebbe essere dell’1,7% del territorio entro il 2030 e con il 2,7% entro il 2040.
I dati italiani dovrebbero così raggiungere quota 228 GW di capacità per la generazione del solare fotovoltaico e 39 GW per la generazione dell’eolico onshore. Con questi dati, entro il 2040, le rinnovabili contribuiranno a circa il 68%della produzione elettrica italiana e copriranno circa il 41% della domanda finale di energia.
La stima è che solo lo 0,91% del territorio italiano è adatto allo sviluppo del solare fotovoltaico a terra, lo 0,46% per l’eolico onshore e lo 0,35% per il solare fotovoltaico sui tetti.
Sia per l’energia eolica che per quella solare, circa il 10% del terreno idoneo si trova nelle città, il 42-46% in paesi e zone periferiche e il 43-48% nelle aree rurali.
Lo studio definisce che in Italia c’è quasi il doppio del territorio disponibile rispetto a quello necessario per ospitare impianti fotovoltaici montati a terra, escluse le riserve naturali, i siti ricchi di biodiversità e i terreni agricoli di valore. Il fotovoltaico sui tetti in Italia richiederà circa lo 0,25% della superficie del Paese entro il 2040. Un valore esattamente corrispondente ai siti idonei.
Per l’energia eolica onshore non vi sono invece aree idonee disponibili a sufficienza. L’Italia, infatti, avrebbe bisogno dell’1,32% del territorio. La soluzione potrebbe essere utilizzare terreni agricoli di alto valore, destinandoli però a duplice uso e solo ai sensi del diritto dell’Ue.