A livello globale lo sviluppo delle rinnovabili è ancora troppo lento rispetto a ciò che servirebbe per soddisfare gli obiettivi fissati da qui ai prossimi anni. Le ragioni sono tante, e tra queste potrebbe esserci anche la disinformazione.
Il problema della disinformazione
In tutto il mondo il problema della disinformazione è un fenomeno troppo pericoloso e difficile da contrastare. Quando vengono diffuse nelle comunità falsi allarmi, per cercare di convincere la gente che è meglio lasciare tutto com’è per non rischiare di peggiorare la situazione, si innescano delle paure e dei dubbi sul ‘nuovo’ e sul ‘cambiamento’.
Questo causa degli intoppi, una fase di arresto dalla quale è difficile poi liberarsi e agire. Su ciò che concerne i benefici delle rinnovabili e il percorso verso un’economia circolare, ci sono dei gruppi di interesse che remano contro, e che potrebbero essere pagati per farlo dall’industria del petrolio e del gas.
Eolico offshore come ‘una palla da demolizione ambientale’
Il 6 novembre, su un giornale locale dello Stato americano Delaware, un editoriale descriveva l‘eolico offshore come una ‘palla da demolizione ambientale’.
A scrivere il pezzo proprio David Stevenson, direttore del Center for Energy and Environmental Policy presso il Caesar Rodney Institute, ovvero un think tank finanziato sia dai produttori statunitensi di carburante e petrolio, sia dall’American Energy Alliance, una lobby che ha sempre promosso i combustibili fossili.
Questo articolo dunque è l’esempio di come grandi major cercano in tutti i modi di persuadere i cittadini lanciando dei messaggi errati, ma soprattutto molto pericolosi.
Causa a cinque grandi compagnie petrolifere
Ciò che è avvenuto a Delaware accade dappertutto. La California, per esempio, sta facendo causa a cinque grandi compagnie petrolifere che hanno nascosto per decenni tutti i rischi associati al proprio lavoro, solo ed esclusivamente per ragioni legate al profitto e all’interesse economico.
In particolare è proprio quest’anno che la disinformazione legata al business dei combustibili fossili sta avendo un ruolo preponderante nell’influenzare i risultati finali, con pressioni che non arrivano solo da politici e tecnici che partecipano direttamente a negoziazioni internazionali, ma anche da alcuni Paesi che non spingono per il cambiamento, come Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Iran e Russia.
COP28
E che dire di ciò che è avvenuto durante la COP28? Il Guardian in un’inchiesta ha rivelato che hanno avuto accesso ai colloqui almeno 166 negazionisti climatici legati ad attori protagonisti delle fonti fossili, per non parlare della presenza all’evento dell’American Petroleum Institute, uno dei più grandi gruppi commerciali che da anni blocca gli sforzi per approvare una legislazione nazionale che limiti le emissioni di gas serra.
Ma non è finita qui. Un rapporto pubblicato dalla Climate Action Against Disinformation (Caad), costituita da oltre 50 organizzazioni per il clima, ha fornito ulteriori dettagli su alcune realtà che hanno preso parte alla Conferenza diffondendo disinformazione. Degli esempi?
Sono stati riportati nello studio 15 siti web, tra i quali The Daily Telegraph, Breitbart e Newsmax, accusati di trarre profitto da informazioni false e fuorvianti sui cambiamenti climatici.
La disinformazione sull’energia eolica offshore
In particolare, la disinformazione sull’energia eolica offshore sta diventando sempre più comune soprattutto nel Nord-est degli Usa, dove si stanno installando sempre più turbine al largo della costa.
Ma anche dietro tutte quelle proteste in Europa contro la costruzione di nuovi parchi, come le manifestazioni avvenute in Norvegia, potrebbe esserci dietro qualcuno di molto più potente e responsabile di greenwashing.
Il settore non si ferma
Nonostante tutti questi problemi comunque, la crescita delle rinnovabili non si arresta, anche se procede in modo molto lento. L’energia del vento sta pian piano raggiungendo qualche piccolo traguardo grazie alla realizzazione di nuove opere, dal South Fork Wind statunitense che nascerà al largo di New York, a Fécamp, uno dei parchi offshore più grandi al mondo e situato nel nord della Francia.
Di certo l’industria dei combustibili fossili tenterà ancora di fermare, o rallentare, l’espansione di tecnologie innovative e importanti per la decarbonizzazione mondiale. Ma la strada per una transizione circolare è stata già segnata, e sarà difficile arrestarla sul lungo periodo.