Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in visita negli Emirati Arabi Uniti, è intervenuto all’Abu Dhabi Sustainability Week, per la firma di un quadro di partenariato strategico tra l’Italia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Albania per la cooperazione transfrontaliera nel settore dell’energia verde. Il Mediterraneo rimane un mare centrale per le relazioni internazionali e l’Italia, sempre più insidiata da altri attori globali, occupa sempre una posizione geostrategica invidiabile. Il potenziale di un sistema energetico mediterraneo interconnesso basato sulle energie rinnovabili.
L’Italia sarà un hub energetico per l’Europa nel centro del Mediterraneo
Il Mediterraneo torna al centro degli appetiti geopolitici di molti degli attori protagonisti del mondo post-globalizzato. Purtroppo, in negativo, perché fino ad ora ne abbiamo parlato solo per i diversi conflitti in corso, per gli spostamenti di flotte militari o per i bisticci di contese di confine, per il miglioramento dei livelli di sicurezza e per il potenziamento dei sistemi di Difesa.
C’è però anche un tema a dir poco fondamentale per la crescita di tutti gli stati e la buona riuscita della doppia transizione digitale ed energetica, per cui il ‘Mare Nostrum’ torna al centro degli interessi internazionali, anche ben oltre le sponde naturali dell’antico bacino salato, in cui “abitiamo come formiche o rane intorno a uno stagno”, raccontava Platone in un celebre passo del “Fedone” più di 24 secoli fa.
Ne ha fatto più volte cenno la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, anche oggi, ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti per il summit della Sustainability Week.
Dicevamo, fondamentale per la buona riuscita della doppia transizione, perché l’innovazione tecnologica è rapida e pervasiva, ma richiede crescenti forniture di energia, in particolar modo elettrica.
La centralità della doppia transizione digitale ed energetica
Prendiamo l’intelligenza artificiale, ogni volta che interroghiamo un bot consumiamo 15 volte più energia che in una tradizionale ricerca online. Gli stessi data center, infrastruttura strategica per lo sviluppo della data economy, già oggi consuma l’1% dell’energia elettrica mondiale. Ovviamente ci sono anche i settori produttivi tradizionalmente energivori come l’industria e il manifatturiero.
Questo ci porta ad una sola considerazione: entro pochi anni avremo bisogno di un’infrastruttura energetica nazionale di nuova generazione, interconnessa con altre provenienti da ogni lato del Mediterraneo, in particolare dalla sponda meridionale e orientale.
Ed ecco il bisogno di trovare un equilibrio tra sostenibilità e innovazione. Il bilancino però non è lo stesso per tutti ed ognuno indica un percorso alternativo e dei pesi diversi.
Per Meloni, “serve costruire un mix energetico equilibrato, fondato sulle tecnologie già in uso, su quelle che stiamo sperimentando e su quelle che dobbiamo ancora scoprire. Non mi riferisco solo alle energie rinnovabili, ma anche al gas, ai biocarburanti, all’idrogeno verde e alla cattura della anidride carbonica – senza dimenticare la prospettiva del nucleare da fusione, tecnologia potenzialmente in grado di produrre energia pulita, sicura e per di più illimitata e di trasformare l’energia da arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile, di fatto cambiando la storia”.
L’attuale Governo chiama sempre in causa la fusione nucleare, quasi ormai una mitica panacea, che ovviamente è ben lontana dal realizzarsi, mentre noi abbiamo già un grande bisogno di energia pulita oggi.
Un presente tormentato, come tutte le trasformazioni, che pone seri problemi di capacità di scelta e orientamento. L’esecutivo italiano si è detto subito a favore dei combustibili fossili, bollando la visione troppo sbilanciata verso la tutela ambientale come ideologica.
“Non riusciremo né a triplicare la capacità di generazione di energia rinnovabile entro il 2030, né a raddoppiare il tasso di efficienza energetica, se continueremo ad inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica o ad accantonare per motivi ideologici soluzioni che invece possono essere utili per costruire una valida alternativa all’approvvigionamento da fonti fossili”, ha dichiarato ad Abu Dhabi Meloni, riferendosi probabilmente ad un’ipotetica produzione di biofuel e al nucleare che non c’è, quindi favorendo ancora una volta l’industria degli idrocarburi.
Il ruolo chiave delle infrastrutture. Il nuovo elettrodotto green tra Italia e Albania da un miliardo di euro
Servono nuove infrastrutture, ha sottolineato la Premier, “e io sono convinta che lo sviluppo delle interconnessioni possa essere la chiave di volta di una nuova diplomazia energetica, che sappia moltiplicare le occasioni di cooperazione tra di noi e sia in grado di generare benefici condivisi per tutti”.
A riguardo, nel suo discorso ha annunciato firma di un nuovo impegno strategico con lo Sceicco Mohammed bin Zayed per gli Emirati Arabi Uniti e il Primo ministro dell’Albania, Edi Rama, “per realizzare una nuova interconnessione energetica, che punta alla produzione di energia elettrica verde in Albania e all’esportazione di una parte di quella energia verso l’Italia, grazie a un cavo sottomarino che attraverserà l’Adriatico”.
È stato poi Rama, a margine della conferenza stampa, ha svelare l’importo dell’investimento di un miliardo di euro circa, da realizzare in tre anni.
Fa alcuni esempi di massima rilevanza strategica nel Mediterraneo, come l’interconnessione elettrica Elmed tra Italia e Tunisia. Un progetto co-finanziato dalla Banca Mondiale e dall’Unione europea, che prevede la realizzazione di un cavo di circa 220 chilometri ad alta tensione e in corrente continua della potenza di 600 MW.
Citando anche il “SoutH2 Corridor” per il trasporto dell’idrogeno dal Nord Africa all’Europa centrale passando per l’Italia, o ai progetti ad alto potenziale che abbiamo avviato in ambito G7 come l’Energy for Growth in Africa, che punta a favorire investimenti nell’energia pulita nel Continente africano.
Poi chiama in causa il Piano Mattei, tramite cui: “L’Italia si candida a diventare lo snodo strategico per i flussi energetici tra l’Europa e l’Africa. Siamo una piattaforma naturale nel Mediterraneo e questo ci offre l’opportunità di essere un hub di approvvigionamento e distribuzione in grado di far incontrare l’offerta, esistente e potenziale, del Continente africano e la domanda europea di energia”.
Immaginare un Mediterraneo green
Almeno bisogna provarci ad immaginarlo. È quello che ha fatto la ricerca del think tank indipendente e non-profit italiano sui cambiamenti climatici ECCO del 2024, che ha esaminato nel dettaglio il potenziale di un sistema energetico mediterraneo interconnesso basato sulle energie rinnovabili.
Nel documento si esamina lo stato attuale delle energie rinnovabili nella regione, evidenziando le disparità tra la sponda nord e quella sud del Mediterraneo, e si propone uno scenario ambizioso per raggiungere 1 TW di capacità rinnovabile entro il 2030.
Al suo interno si valutano i benefici economici e ambientali di tale scenario, tra cui la riduzione delle emissioni di CO2 e la creazione di posti di lavoro, ma anche le sfide legate all’integrazione dei mercati energetici e al ruolo del gas. Infine, si sottolinea l’importanza della cooperazione pubblico-privata per sbloccare gli investimenti necessari e la possibilità di estendere questo modello all’Africa subsahariana.
Il potenziale di energia solare ed eolica nella regione è stimato in oltre 3 TW, ma si crede giustamente che il potenziale sia molto più elevato.
Secondo lo studio, l’installazione di 1 TW di capacità di energia rinnovabile entro il 2030 potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 600 milioni di tonnellate.
Raggiungere questo obiettivo potrebbe generare circa 3 milioni di nuovi posti di lavoro solo nelle catene di approvvigionamento dell’energia solare ed eolica.
Gli investimenti minimi stimati ammontano a circa 120 miliardi di dollari all’anno, alla luce del recente calo dei costi della tecnologia solare ed eolica, soprattutto nel Nord Africa, e delle opportunità di nuovi posti di lavoro pari a circa 3 milioni nella sola filiera per i settori solare ed eolico.
Una regione mediterranea interconnessa e rinnovabile può anche dischiudere opportunità per l’elettrificazione dell’industria, la sostituzione dei combustibili fossili nella produzione di elettricità, l’elettrificazione dei consumi energetici domestici e dei servizi e l’elettrificazione dei trasporti.
Ovviamente i limiti sono diversi e le sfide a dir poco significative, soprattutto di questi tempi: dalla mancanza di un quadro politico comune alle molte divergenze normative e regolatorie, dagli elevati costi di investimento al complicato accesso alle risorse finanziarie, senza contare la mancanza di competenze e le reti non armonizzate, che limitano la capacità finale di interconnessione. Come detto all’inizio, il Mediterraneo è tornato al centro degli appetiti geopolitici di molte super/medie potenze.
La Cina è da tempo in Marocco e in Egitto per l’ampliamento dei pilastri su cui poggerà un giorno la Nuova Via della Seta. La Russia sta investendo da tempo in Libia e nella Suez Canal Investment Zone, con l’obiettivo di realizzare un porto e una nuova centrale nucleare per l’Egitto. L’india ci entrerà attraverso Israele e Grecia, tramite iniziative quali l’IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor), varato nel quadro della Partnership for Global Infrastructure and Investment del G7.