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I costi del degrado delle batterie nelle stazioni di ricarica. Lo studio ENEA

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La crescita esponenziale della mobilità elettrica, e della conseguente domanda di energia rinnovabile, rende necessario identificare la gestione dei flussi di potenza, ottimizzando l’utilizzo di quest’ultima e dei sistemi di accumulo. L’ENEA ha studiato l’invecchiamento degli storage a batteria agli ioni di litio delle colonnine stradali di Barcellona, confrontando l’impatto sui costi operativi e di investimento.

L’importanza della pianificazione delle strutture di ricarica

A livello globale, la vendita di auto elettriche nel 2021 ha rappresentato quasi il 10% del totale, e nel 2022, con 2 milioni di nuove automobili elettriche solo nel primo trimestre, è aumentata del 75%. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2030 la domanda globale di elettricità proveniente dai veicoli elettrici raggiungerà 1.100 TWh (terawattora), pari a circa al 4% della domanda totale di energia elettrica. La diffusione a macchia d’olio di veicoli elettrici rende,quindi, necessaria una corretta pianificazione delle infrastrutture di ricarica. Oltre all’identificazione della posizione ottimale, serve un dimensionamento accurato rispetto al fabbisogno energetico e alla gestione del flusso di potenza. È, infatti, sempre più importante identificare strategie per ottimizzare l’uso dell’energia rinnovabile e degli storage a disposizione, riducendo al minimo i costi di acquisto dalla rete elettrica.

Sistemi di accumulo a batteria agli ioni di litio

La rivista MDPI Energies ha pubblicato i dati relativi all’invecchiamento dei sistemi di accumulo a batteria agli ioni di litio, calcolati dall’ENEA (in collaborazione con l’Università di Cassino) in 11 stazioni di ricarica installate nell’area metropolitana di Barcellona. Scopo dello studio, valutare l’impatto sui costi di realizzazione e gestione delle colonnine stradali dotate di impianti fotovoltaici. 

L’analisi sui sistemi di accumulo

Il Laboratorio ENEA di Sistemi e tecnologie per la mobilità sostenibile ha confrontato l’impatto sui costi operativi e di investimento, con l’uso di due modelli per l’invecchiamento di un pacco batterie. Un modello tiene conto solo della quantità di energia scambiata dalla batteria, mentre l’altro considera anche la profondità di scarica.

“Implementando i due approcci nel sistema di gestione delle risorse della stazione di ricarica, si ottengono risultati diversi. Da una parte il modello che tiene conto della profondità di scarica permette di sfruttare meglio l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico, con relativo vantaggio economico. D’altra parte, questo porta a un degrado più rapido della batteria, che è un evidente svantaggio” spiega Natascia Andrenacci ricercatrice ENEA.

Il degrado delle batterie

In pratica, se la batteria ha una durata di vita di 2.500 cicli completi, considerando la profondità di scarica nel modello di invecchiamento, il sistema di accumulo arriva al 60% della sua capacità iniziale dopo 14 anni. Viceversa, se si considera il costo del degrado del sistema di accumulo proporzionale all’energia scambiata, la batteria non raggiunge la condizione di fine vita per l’intero orizzonte di investimento di 15 anni. Questo significa che nel primo caso è necessario acquistare un secondo pacco di batterie, annullando così il profitto ottenibile dal maggiore utilizzo dell’energia rinnovabile.

“In questo modo dimostriamo come l’utilizzo di differenti modelli di calcolo per l’invecchiamento della batteria può influenzare e modificare in modo netto la determinazione dei reali flussi di energia, con conseguenze dirette sia sull’utilizzo che sulla durata stessa del sistema di accumulo dell’infrastruttura di ricarica. E la scelta di quale modello implementare per la gestione della batteria dipende da diversi fattori, tra cui il costo della batteria: se il prezzo di acquisto è alto, risulta maggiormente conveniente il modello di utilizzo più conservativo per la batteria. Viceversa, se i prezzi di acquisto si abbattono (per incentivi, ad esempio), allora conviene sfruttare la batteria più intensamente e si può quindi utilizzare il modello di gestione operativa più aggressivo”, sottolinea la ricercatrice.

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