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Elezioni USA. Trump o Harris, quali saranno gli effetti sulla transizione energetica americana?

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Il 5 novembre gli americani sono chiamati ad eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Tra i due sfidanti, Trump e Harris, ci sono divergenze anche molto sensibili su diversi temi fondamentali per il futuro della superpotenza nordamericana. Tra questi certamente c’è l’energia, la transizione energetica, la scelta tra combustibili fossili e rinnovabili, ad esempio, ma anche gli investimenti in nuove reti e tecnologie. Il Punto di vista dei due candidati alla Casa Bianca.

Trump il ‘fossile’

Nel prossimo Election Day del 5 novembre, gli elettori americani sceglieranno il nuovo presidente e il suo vice. Poco meno di 50 milioni di cittadini hanno già votato, ma tutto è rimandato a martedì prossimo, quando avremo i risultati di una tornata elettorale chiave, non solo per gli Stati Uniti, visti i venti di crisi che spirano su più parti del mondo.

I due sfidanti, Donald Trump e Kamala Harris, hanno visioni molto diverse su quasi tutto, in particolare sul futuro del settore energetico americano.

Donald Trump punta ad espandere la produzione di combustibili fossili, come petrolio e gas naturale, riducendo le regolamentazioni ambientali che, secondo lui, ostacolano l’industria ad essi legata. 

L’ex presidente ha promesso di revocare le iniziative climatiche dell’amministrazione Biden, come l’Inflation Reduction Act (IRA), che prevede sussidi per le tecnologie di energia pulita. 

Trump intende inoltre ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima.

Harris la ‘green’

Kamala Harris, invece, sostiene un approccio che favorisce decisamente le tecnologie per l’energia pulita, cioè tutte quelle soluzioni utili a combattere il cambiamento climatico e i suoi effetti. 

L’attuale vice presidente vuole mantenere e ampliare gli investimenti in energie rinnovabili come l’eolico e il solare, continuando allo stesso tempo a sostenere l’IRA. 

A differenza di Trump, Harris non ha dubbi sulla posizione che il Paese deve avere riguardo all’Accordo di Parigi, cioè farne parte a pieno titolo.

Quindi, energia fossile o green per gli americani?

Queste differenze riflettono una scelta fondamentale per gli elettori americani: continuare a puntare sui combustibili fossili o accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, quindi green.

L’energia pulita sta vivendo un vero e proprio boom negli Stati Uniti, ma le prossime elezioni potrebbero cambiare le carte in tavola.

Negli ultimi due anni, la produzione di energia pulita ha registrato un’impennata, portando la costruzione di impianti e stabilimenti negli Stati Uniti ai livelli più alti degli ultimi cinquant’anni.

Le installazioni di energia solare e le vendite di auto elettriche stanno battendo record su record. Persino Stati a guida repubblicana come il Montana e lo Utah stanno elaborando piani climatici per ottenere fondi federali.

Tuttavia, il futuro dell’IRA, la legge che dal 2022 sta guidando questa trasformazione del panorama energetico americano, è decisamente incerto come visto.

Trump farà a pezzi l’Ira? Le perdite delle imprese

Se l’ex presidente Donald J. Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, ha dichiarato di voler smantellare questa legge, che prevede fino a 1.200 miliardi di dollari di incentivi fiscali nel prossimo decennio in tecnologie per la lotta al cambiamento climatico, come turbine eoliche, pannelli solari, reattori nucleari, cattura dell’anidride carbonica e veicoli elettrici, oltre alle fabbriche necessarie per produrli.

Il mio piano porrà fine al Green New Deal, che io chiamo Green New Scam”, ha detto Trump a settembre, riferendosi alle politiche climatiche, precisando: “Annulleremo tutti i fondi non spesi dell’erroneamente chiamato Inflation Reduction Act”.

Se eletto, si legge in un articolo del New York Times, Trump toglierebbe subito i sussidi per le auto elettriche, cercando di eliminare il credito d’imposta di 7.500 dollari previsto dalla legge per i consumatori che acquistano veicoli elettrici costruiti negli Stati Uniti.

Potrebbe inoltre cercare di abrogare una disposizione che fa pagare alle compagnie petrolifere e del gas fino a 1.500 dollari per ogni tonnellata di metano che fuoriesce dai loro impianti. Oppure, potrebbe rivedere le linee guida di alcuni crediti d’imposta sull’energia, rendendoli più difficili da ottenere.

Una posizione fortemente ideologizzata, che non vuole tenere conto dei grandi passi in avanti fatti in questa transizione, visto che dall’approvazione dell’IRA, le aziende produttrici di energia solare hanno investito oltre 34 miliardi di dollari nella costruzione di nuove fabbriche.

Un recente sondaggio condotto su 900 aziende del settore dell’energia pulita ha rivelato che il 53% perderebbe affari se l’Ira venisse abrogato e il 21% dovrebbe licenziare lavoratori.

Un fiume di energia elettrica (in gran parte pulita)

A livello globale, secondo quanto stimato nel “World Energy Outlook 2024” dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), la produzione di energia solare potrebbe quadruplicarsi entro il 2030.

Il rapporto suggerisce che il solare potrebbe essere una delle principali fonti di energia elettrica entro il 2033, superando nucleare, eolico, idroelettrico e gas naturale. Potrebbe persino superare il carbone, posizionandosi come la più grande fonte di energia elettrica a livello globale.

Quale sarà il ruolo degli Stati Uniti dal 6 novembre in poi?

Giornalista

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