I data center sono il cuore pulsante dell’era digitale, custodendo e processando l’enorme mole di dati generata ogni giorno da cloud computing, intelligenza artificiale (IA), Internet of Things (IoT) e tecnologie emergenti. Tuttavia, l’espansione di questi centri tecnologici pone diverse sfide, tra cui l’elevato consumo energetico. Un tema che in Italia ha acceso il dibattito politico sulla necessità di presentare una legge quadro per regolare il settore.
L’elevato consumo energetico dei data center
Organizzare, elaborare, archiviare e diffondere grandi quantità di dati è la priorità dei tempi moderni. Il motivo per cui il settore dei data center, ossia le strutture che ospitano reti di computer, server e sistemi di archiviazione, è diventato sempre più centrale nell’ecosistema delle tecnologie e delle telecomunicazioni, quadro esacerbato dall’avvento dell’intelligenza artificiale (IA). Ad oggi, il dibattito internazionale si concentra principalmente sugli elevati consumi energetici di queste centrali, tanto che molte delle Big Tech che ne fanno uso, hanno iniziato a rassicurare sugli approvvigionamenti, avvalendosi di un’alimentazione elettrica proveniente da fonti rinnovabili.
Consumi dei data center in Italia
In Italia questo aspetto è molto sentito, e si inizia a parlare di regolare il settore con un’apposita legge quadro per ridurne l’impatto ambientale.
Nel Bel Paese, secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Data Center promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, il mercato della colocation dei Data Center, ossia la compravendita o l’affitto di infrastrutture abilitanti per il posizionamento di server e patrimonio informativo delle organizzazioni, ha raggiunto nel 2023 il valore di 654 milioni di euro (+10% rispetto al 2022) e potrebbe raddoppiare nel 2025.
La ricerca evidenzia come le nuove aperture nel 2023 abbiano portato la potenza energetica nominale attiva sul territorio nazionale a un totale di 430 MW, con Milano primo polo infrastrutturale del Paese (184 MW).
Data center e IA
Diversi studi sottolineano la crescita preoccupante del consumo energetico dei data center legato allo sviluppo progressivo dell’IA. Un rapporto di Climate Action Against Disinformation, ad esempio, ha suggerito che l’IA potrebbe incrementare le emissioni globali fino all’80%. In un’altra analisi presa come riferimento in un vecchio articolo del Wall Street Journal, Alex de Vries, esperto di tecnologia dell’Università di Amsterdam, stima che l’IA di Google, nel peggior scenario possibile, potrebbe arrivare a consumare annualmente tanta energia quanto l’intero Stato d’Irlanda. Tuttavia, lo stesso Bill Gates ha recentemente sottolineato come l’IA potrebbe, invece, ridurre la domanda energetica globale, invitando a non esagerare con le preoccupazioni.
Proprio di recente il colosso del web ha annunciato una “partnership senza precedenti” con sviluppatori per costruire data center alimentati esclusivamente da energia rinnovabile prodotta direttamente sul sito. L’azienda ha, infatti, siglato un accordo da 20 miliardi di dollari con Intersect Power e la società di investimenti TPG Rise Climate, per sviluppare una serie di “parchi industriali” negli Stati Uniti entro il 2030. Il primo impianto dovrebbe essere operativo parzialmente nel 2026 e completato nel 2027.
Un impatto relativo se confrontato con gas e petrolio
Sempre secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Charles Boakye, analista finanziario negli Stati Uniti per Jefferies, sostiene che la crescita dell’intelligenza artificiale (IA) debba essere valutata in un contesto più ampio. Secondo il consulente, rispetto ad altri settori industriali, la tecnologia rappresenta ancora solo una minima parte della domanda energetica globale. I numeri riportati sono esaustivi: attualmente, i data center consumano circa il 2% dell’elettricità mondiale, e l’IA ne rappresenta solo lo 0,5%. Inoltre, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), i data center e le reti di trasmissione sono responsabili dell’1% delle emissioni globali di gas serra, ben lontani dal 15% dell’industria petrolifera e del gas.
La Legge di Koomey
Un altro aspetto da non sottovalutare è poi la relazione nel tempo tra crescita della domanda di potenza computazionale e l’aumento del consumo energetico. Jonathan Koomey, esperto di efficienza energetica e ricercatore presso l’Energy and Resources Group dell’Università Berkeley della California, rileva che tra il 2010 e il 2018 la capacità computazionale globale è cresciuta del 550%, mentre l’uso di elettricità è aumentato solo del 6%. Questo fenomeno, noto come Legge di Koomey, è dovuto all’efficientamento delle tecnologie con il passare degli anni. Ad esempio, i processori TPU di Google sono oggi il 67% più efficienti rispetto al 2022, e il consumo per addestrare i modelli di OpenAI è diminuito di 350 volte dal 2016.
Il ruolo delle energie rinnovabili
L’approccio più sensato nello scenario che si sta delineando consiste, dunque, nello spostare i carichi di lavoro verso regioni con abbondanti risorse rinnovabili, come avvenuto con l’idroelettrico in Canada e in Norvegia. Start-up come NexGen Cloud e Crusoe Energy Systems stanno già implementando soluzioni innovative, utilizzando rispettivamente energia rinnovabile e gas naturale in eccesso per alimentare i loro data center. Come già detto, anche Google, insieme ai suoi concorrenti, sta cercando soluzioni energetiche pulite per alimentare i propri data center, sempre più esigenti in termini di energia a causa dell’intelligenza artificiale. Mentre in Italia l’azienda di Gates sta compiendo passi in avanti in questa direzione (si pensi ad esempio al PPA di 20 anni per l’acquisto di energia carbon-free prodotta dal parco eolico di Roccapalumba, in provincia di Palermo, interamente sviluppato e costruito da ERG), l’attuale mix energetico degli Stati Uniti, dominato dai combustibili fossili, rende le cose più complesse. Grazie alla partnership con Intersect Power, Google potrà bypassare il problema collegandosi direttamente a impianti solari, eolici e batterie per generare energia rinnovabile.
L’apporto del nucleare
La svolta verso le rinnovabili non sembra, però, piacere a Sam Altman, AD di OpenAi, che preferisce puntare sulla fusione nucleare, tecnologia senza dubbio innovativa, in quanto pulita e rinnovabile, ma un investimento completamente avventato sul piano tecnico date le tempistiche di sviluppo. Gates con Terrapower, da questo punto di vista sembra essere più pragmatico nell’assecondare la sua fame di energia.