Fulcro del progetto Bythos (Biotechnologies for Human Health and Blue Growth), un metodo innovativo che consente l’estrazione di molecole bioattive dai residui del pesce, da rimpiegare nella produzione di prodotti farmaceutici e cosmetici.
Nuova frontiera per l’economia circolare
La trasformazione dei rifiuti in prodotti da riimmettere sul mercato ha rappresentato uno dei pilastri dell’economia circolare. Con il progetto Bythos, però, si sono poste le basi per un ulteriore passo in avanti. L’obiettivo, in effetti, è quello di proiettare l’industria ittica all’interno di uno scenario ‘parallelo’, impiegando nuovamente gli scarti del pesce e creando una nuova catena di valore.
Da questa particolare materia organica, infatti, è possibile sviluppare materiali a base di molecole bioattive (BAMs), intervenendo sulla quantità del [c.d.] umido da smaltire. Il fatto che questa tipologia di molecole abbia assunto grande interesse per l’industria farmaceutica, nutraceutica e cosmetica, legittimerebbe un mercato dai margini largamente inesplorati.
Il progetto Bythos rientra fra quelli realizzati nell’ambito del Programma Interreg V A Italia – Malta, co-finanziato dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale (Fesr) 2014 – 2020. Nello specifico, il sostegno economico ha raggiunto quota 1.748.549,04 Euro, a fronte di un bilancio totale di 2.264.948,40 Euro.
Oltre la ricerca
Alla base del partenariato italo-maltese – o, per meglio dire, siculo-maltese – ci sono vari enti e istituti di ricerca. Tra i principali, oltre al Comune di Lipari, si segnalano l’Università degli Studi di Palermo, il Distretto turistico pescaturismo e cultura del mare in Sicilia, il Dipartimento di geoscienze dell’Università di Malta, il dicastero maltese per l’ambienete la sostenibilità e l’azienda AquaBioTech.
Rispetto al tema e alle positive implicazioni economiche, la cooperazione tra Palermo e La Valletta interverrà sull’annoso problema dell’accumulo delle varie scorie alimentari. Una particolare attenzione, sarà posta sulle lavorazioni di tonno, crostacei e molluschi.
In secondo luogo, i materiali di risulta saranno utilizzati per produrre mangimi eco-innovativi per i pesci. Conseguentemente, l’acquacoltura siciliana e quella maltese potranno autosostenersi. Sarà infatti possibile tagliare importazioni dall’estero, riducendo i costi.
Quanti esempi virtuosi
La partecipazione dei rifiuti alimentari a nuovi processi produttivi ha riguardato altri ambiti ‘della tavola’. Come ha scritto Il Sole 24 Ore, almeno otto aziende italiane su dieci – nel settore – hanno utilizzato una pratica dell’economia circolare. Il pesce, dunque, ma non solo.
La collaborazione tra due aziende toscane, Birrificio Bvs del Valdarno e Biscotteria Vannino di Calenzano, ha reso le trebbie – il semilavorato del birrificio – la base di croccanti prodotti da forno. E ancora: dalle bucce di arancia rese farina, ai resti del caffe, burro cosmetico dalle proprietà tonificanti ed emollienti.
La Libera Università di Bolzano ha invece testato una tipologia di carta intessuta a partire dagli scarti di mele, kiwi e uva. Soprattutto, però, l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Milano, in collaborazione con EnergRed, ha sviluppato una batteria davvero innovativa. Due i capisaldi. La vitamina B2 (anodo) e la quercetina, che si triova in mandorle e capperi (catodo).
In attesa di capire come le nuove tecnologie possano essere immesse sul mercato, è ormai evidente che la sostenibilità economica e la transizione energetica non potranno più prescindere dal cibo.